31 Agosto 20014 – 22^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

31 Agosto 20014 – 22^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

31 Agosto 20014 – 22^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

 

Noi abbiamo fatto della fede in Cristo la religione della rassegnazione al punto tale da meritare rimproveri severi da chi ha accusato la religione cristiana di essere un oppio. Aveva ragione, perché per lo più è un oppio che con la premura di un al di là felice, legittima il mondo così com'è.

 

PRIMA LETTURA: Ger 20, 7-9- SALMO: 62- SECONDA LETTURA: Rm 12, 1-2- VANGELO: Mt 16, 21-2

 

…Nella cultura del mondo voi trovate tutti gli ideali ma con il presupposto che devono restare tali, come una tappezzeria. Ed è stupido prenderli sul serio! Così pensano gli uomini. Però se uno è innamorato di quegli ideali, al punto tale di volerli vedere realizzati, ecco che entra in questa dimensione e si trova in conflitto con la cultura di cui pur vive, in cui vive e non in un conflitto egoistico, capriccioso, ostinato ma in un conflitto che mira al superamento, che mette sotto questione le ingiustizie di questo mondo non per ragioni personali, non perché scatta la voglia di difèndere un proprio diritto, ma perché c'è la volontà di salvare i diritti di tutti gli uomini. Secondo me il segno sicuro è questa esigenza di universalità. Io, come voi, vivo in una società in cui diciamo: «ci vuole la libertà di pensiero, ci vuole il diritto alla salute…», però questa non è profezia, è tornaconto. A me interessa sapere se questo diritto alla salute lo volete per tutti gli uomini, anche per quelli che ora stanno morendo di fame. Se volete una democrazia in cui la libertà sia la vostra, se volete… queste cose possono interessarmi nell'immediato ma non hanno a che fare con quella dimensione di cui sto parlando. La novità di Gesù Cristo, a prescindere dal discorso se Egli è Dio, è che si è insediato per sempre – ed ecco perché Egli è Signore – in questa profondità ed ha legittimato dentro di noi questa necessità che è diversa dalle necessità a cui obbediamo ogni giorno. Noi viviamo dentro la ruota del necessario. Se vogliamo vivere è necessario lavorare, se avete famiglia è necessario lavorare di più… Ci sono necessità che ci peggiorano e ci modellano, ma sono necessità che agiscono su di noi a partire da una scelta di vita di cui dobbiamo pagare, giorno dopo giorno, tutte le implicazioni e sono necessità degne di rispetto. C'è però un impedimento morale che in realtà non sembra per niente necessario secondo gli occhi del mondo. È forse necessario che uno si rovini la vita per volere la pace nel mondo? Le persone serie gli dicono: «Stia tranquillo». E necessario che un giovane lasci tutto per andare nel Terzo mondo? Chi te lo fa fare? Eppure c e una necessità. Come la chiamerete Dove trova il suo fondamento se non in quest'ansia, in questa tensione che attraversa l'umanità intera e nonostante le sue bassezze getta su di lei riverberi di grandezza e di dignità? Perché non siamo del tutto schifati di questo mondo? Perché non ci viene del tutto la nausea di questo mondo? Non ci viene perché ogni tanto vediamo trasparire queste dedizioni generose e allora capiamo che all'interno del corso delle cose c'è un'altra necessità di altro ordine, per fondare la quale non servono gli scienziati, i filosofi ma serve soltanto la voce, incontestabile e indimostrabile, della coscienza morale, che è un a priori, un punto di partenza. lo non ho bisogno di dimostrare che cercare un mondo di pace è una cosa fondata, lo è perché lo voglio, lo è perché si deve. E una necessità che ha la stessa assolutezza dei principi formali della nostra dignità spirituale. Questo è il fondamento. Ho parlato senza entrare in pieno nella natura della profezia evangelica. Adesso lo possiamo fare, perché ne abbiamo recuperato i presupposti umani, le analogie umane, le preparazioni umane, perché non sarebbe giusto dire che questa necessità la avvertono i cristiani. Vedete che non è così. Anzi, a proposito, guardate come in che modo la maniera di pensare secondo gli uomini ha svuotato la croce di Cristo. Su dieci cristiani, quando dico: «Chi non prende la mia croce e mi segue, non è degno di me», nove pensano subito che la croce voglia dire la croce delle tribolazioni, delle malattie…; insomma la rassegnazione, che è l'opposto assoluto di ciò che dice il Signore. La lettura del Vangelo secondo gli uomini è una esortazione alla rassegnazione e invece, come sapete, Gesù non fu un rassegnato, anzi «è necessario che io sia condannato». Perché è necessario? Gesù Cristo è un fanatico? È necessario perché la scelta che io ho fatto il giorno in cui dissi a Satana: «vai indietro», in cui rinunciai al dominio,al lenocinio del benessere fisico ed al miracolo – le tre rinunzie di Gesù nel deserto – porta inevitabilmente alla mia condanna! E quello che Pietro non capiva, non poteva capire se non per barlumi. Ma noi forse lo abbiamo capito? Noi abbiamo fatto della fede in Cristo la religione della rassegnazione al punto tale da meritare rimproveri severi da chi ha accusato la religione cristiana di essere un oppio. Aveva ragione, perché per lo più è un oppio che con la premura di un al di là felice, legittima il mondo così com'è. È lo svuotamento totale della profezia evangelica, è l'annientamento della necessità interiore. Questa necessità ha un ordine suo, come le necessità che partono da scelte interessate, egoistiche, sia pure di tipo collettivo. Spesso l'ègoismo, la ricerca del bene particolare, costi quel che costi, passa dall'individuo alla classe, dalla classe alla nazione. Lo vedete come l'orizzonte si oscura per questa passione in cui non c’e alcun riflesso di universalità vera, di premura per l'umanità. È proprio a manifestazione di peccato, che in certi momenti sembra non esserci, ma è come un'ombra nera che sta sotto la superficie della nostra euforia quotidiana e che in certe occasioni viene a galla e fa notte. Questa necessita, se uno la sente, non lo lascia più in pace, è come un fuoco nelle ossa a cui non si può resistere. […] Allora uno dà la propria vita e la salva. Questo è il segreto del Vangelo. Dare la propria vita non vuoi dire andare cantando sul patibolo, vuoi dire non prendere come ragione delI'esistenza la necessità secondo gli uomini, ma la necessità interiore, piantare lì il fondamento dei nostri progetti. Allora si vive in questo movimento che ha avuto nella parola di Gesù Cristo la sua più alta legittimazione e che è un movimento che attraversa l'umanità in tutte le latitudini e longitudini…

 

Ernesto Balducci – "Gli ultimi tempi " voI 1 anno A

/ la_parola