Uno sguardo sulla città – Alberto Bruschini

Uno sguardo sulla città – Alberto Bruschini

La  tumultuosa  crescita del turismo di massa sta provocando punte di grave crisi nelle città storiche del nostro paese. Firenze non è estranea all’espansione di questo impetuoso fenomeno, amplificato dopo il Covid. 

La crescita a dismisura dei bed and breakfast,  l’aumento spropositato del numero degli alberghi,  degli studentati di lusso,  dei garage destinati al parcheggio di auto straniere, unitamente all’ anomala  diffusione dei dehor esterni per bar e ristoranti,  l’hanno fatta da padrone.

L’abbandono a sé stessa della città non è nato oggi.  L’assenza di una politica appropriata è avvenuta in una fase storica ed economica caratterizzata in negativo dal decremento demografico, dall’invecchiamento della popolazione e dall’aumento preoccupante della povertà.

La gestione della città si è limitata   alla mera razionalizzazione dell’esistente, inadeguata ad evitare che Firenze, soffocata dall’invasione turistica,  non finisse   per  essere  paragonata ad un grande Suk. 

L’amministrazione comunale negli ultimi 20 anni  è stata impegnata ad  ottimizzare, con il sistema delle tranvie, i collegamenti  dei quartieri e dei comuni viciniori con il “centro” e viceversa. Un obiettivo importante per migliorare la mobilità nella citta, ma non determinante per   collocare la città di Firenze  all’avanguardia nel mondo della modernità.

Con la ripresa nel Luglio del 2023 dei lavori per il passante AV di Firenze,  che si prevede finiscano alla fine del 2028, potrebbe essere innescato un processo strutturale per ampliare l’orizzonte in cui inserire il ruolo di Firenze.  

Nella zona di via Circondaria verrà realizzata la nuova stazione AV di Firenze, progettata dall’Architetto Foster. Conseguentemente, nella tratta Firenze Rifredi – Firenze Campo Marte, ivi compreso la stazione di S.M. Novella,  verrà decongestionato il traffico ferroviario. Ciò consentirà lo sviluppo di un sistema metropolitano integrato, unitamente  al completamento del sistema delle tranvie.

La realizzazione  della nuova stazione, però, non può essere fine a sé stessa. Crea  le condizioni per uno scatto in avanti. Va superata, infatti,  la dimensione dell’attuale città metropolitana, i cui confini sono circoscritti nell’ambito territoriale della vecchia provincia. 

L’area vasta dovrebbe essere il frutto di un’intesa politica e amministrativa tra le città di Firenze, di Prato e di Pistoia, con pari dignità e con identità di intenti, che rappresenterebbe l’ambito territoriale ottimale della nuova città metropolitana della Toscana centrale.

In questo scenario si renderebbe necessario, sin da ora, ripensare all’assetto urbano complessivo  e alle infrastrutture  dell’area vasta da coniugare con le trasformazioni  del gran deal e della digitalizzazione. 

Si tratterebbe di unire in un tutt’uno,  con un sistema di collegamenti metropolitani veloci tre città la cui distanza massima non supera i 25 KM.  Si ottimizzerebbero  sia  i servizi, le strutture e le infrastrutture  che la fruibilità delle diversità culturali, in modo di conferire un nuovo dinamismo al territorio nel suo insieme.      

A Firenze sussiste  anche la possibilità di reinserire la prospettiva della città metropolitana in un quadro di modernità sulla falsariga di quanto è stato fatto in altre città europee meno importanti, come ad esempio Bilbao.

La Fortezza da Basso (di San Giovanni Battista), una location medicea unica al mondo, dovrebbe  essere il punto di riferimento cardine per un’operazione culturale innovativa su scala internazionale.

Fino a che la Fortezza da Basso è stata di proprietà del demanio  dello stato un ragionamento di tale natura non era praticabile. Dal 2008, tuttavia, la realtà è modificata  con il passaggio di proprietà della Fortezza da Basso dal demanio dello stato agli enti locali.

Tale passaggio però non  si è contraddistinto per un segnale univoco. Infatti, la suddivisione della proprietà in parti uguali tra il Comune di Firenze, la CCIA di Firenze e la Regione Toscana  non configura tale struttura  come l’asset su cui innescare  sia il rilancio della città  che  della nuova area metropolitana nella sfera dei maggiori organizzatori di eventi nel mondo. Non casualmente la ristrutturazione si è dilungata nel tempo. E’ iniziata soltanto quest’anno.

Una opera monumentale  di tale rilevanza  avrebbe dovuto essere patrimonio esclusivo  di Firenze in modo da farne il perno per la proiezione della nuova  città metropolitana  nello scenario mondiale, quale simbolo  dell’intreccio tra la ricchezza della storia e  la modernità.

Il restauro e il rinnovamento  impiantistico e tecnologico dei compendi immobiliari esistenti  dovrebbe comprendere  anche l’area occupata dall’Opificio delle Pietre Dure. E’ contraddittoria, infatti, la convivenza in un centro organizzatore di fiere, mostre e congressi di standing internazionale  di una struttura qualificante come l’Opificio delle Pietre Dure  che  ha ben altri obiettivi da conseguire.

Per  raggiungere le finalità indicate  andrebbe coinvolto da subito  un centro fieristico e congressuale di livello internazionale per evitare il rischio  che il localismo  diventi il  fulcro della Fortezza da Basso  restaurata e rinnovata nel futuro. 

L’organizzazione di fiere di nicchia di prestigioso valore qualitativo, come quelle organizzate da Pitti immagine, di mostre internazionali di alto valore artistico  e un centro congressi di  elevato standing globale dovrebbero essere utilizzati per  proporre sia Firenze che  la nuova città metropolitana sulla scena internazionale.

Il perseguimento di queste finalità, peraltro, si coniugherebbe   anche con  la trasformazioni in atto nel mondo sulla nuova vivibilità delle città, dato  l’accentuarsi  dell’urbanesimo. Rinchiudere il rilancio di Firenze al di fuori della nuova città metropolitana difficilmente contribuirebbe a inserirla nel novero  delle città all’avanguardia  nel mondo.

Con la prospettiva della nuova città metropolitana non si tratta di aggregare tre città per rendere più vasto il territorio di riferimento. Si tratta invece di unire culture e storie diverse  per qualificare il dinamismo culturale di un’area vasta  che affonda le radici nella storia,    che  si confronterebbe  con la modernità con unità di intenti. 

 

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