1 Gennaio 2021 – MARIA ss. MADRE DI DIO – Anno B

1 Gennaio 2021 – MARIA ss. MADRE DI DIO – Anno B

1 Gennaio 2021 – MARIA ss. MADRE DI DIO – Anno B

 

PRIMA LETTURA: Nm 6,22-27 – SALMO: 66 – SECONDA LETtURA: Ga14,4-7 – VANGELO: Lc 2,16-21 

 

 

…Quando io voglio, con gli strumenti che la cultura consente, spiegarmi perché questi primi cristiani erano così pieni di gioia all'annuncio evangelico, io mi devo anche rispondere, realizzando in me il tempo di allora, che per gli uomini di quel tempo l'esistenza era chiusa dentro una grande macchina che non aveva riguardo per nessuno. Anche chi aveva la certezza che c'è un Dio, però pensava sempre ad un Dio artefice dell'universo assolutamente lontano dal cuore dell'uomo singolo, cioè a un Dio il cui vero senso è la necessità, in cui tutto è già fissato e stabilito. Il Vangelo fu come una eruzione di libertà. Il dialogo con Dio – a cominciare da quello di Maria, della serva del Signore – non è un dialogo da schiavi, come quello che si svolgeva nelle ziggurat dei Sumeri o nei templi faraonici. È un dialogo libero. Dio si fa compagno del nostro viaggio nel fratello nostro Gesù Cristo e ci dice parole umane e così mette in moto la libertà dell'uomo. Si passa, allora, alla condizione di figlio. Non si vive più nel mondo come orfani o come gregari di un immenso impero di cui Dio è l'imperatore. No! Si vive in un mondo in cui Dio è come il fratello che ci sta accanto, come un compagno di viaggio. Il rapporto con Dio è un rapporto di libertà di libertà nei suoi confronti e di libertà anche di fronte al mondo. Il cittadino dell'impero romano viveva col sentimento che l'impero era qualcosa di definitivo, di assoluto e di divino. Essere cristiani voleva dire scuotersi di dosso le piramidi dell'impero romano e ritrovare il gusto della propria libertà, riprendendosi in mano il proprio destino. Questa è l'esperienza dei tempi in cui queste parole furono scritte: «non siamo schiavi ma figli». Queste parole non le posso ripetere, come nella ritualizzazione sarei portato a fare, senza domandarmi del loro contenuto sperimentale. Se io faccio una marcia della pace – se ne fanno tante, oggi – non aggiungo una processione in più alle processioni di sempre, dico no ai meccanismi di morte, e devo dirlo sul serio, devo riprendermi in mano il mio destino di individuo e di umanità. Resisto alla schiavitù. Non sono uno schiavo dei militari, non sono schiavo dell'equilibrio del terrore, non sono schiavo della necessità politica. Bisogna che la libertà acquisti gesti, linguaggi e strategie all'altezza della nuova minaccia. Altrimenti tutto diventa terribilmente equivoco. Ho paura che sia così. Si è sempre parlato della pace del Natale mentre si facevano strategie di guerre, come se il discorso cristiano fosse accanto o sopra il discorso storico. Abbiamo finalmente capito – siamo giunti alla pienezza dei tempi! – che, o noi ci comportiamo da figli e non da schiavi, oppure il nostro destino è la perdizione. Non solo nel senso spirituale, ma nel senso totale. Questo è il sentimento acuto che mi domina in questo primo giorno dell' anno. Noi dobbiamo porci il programma di sapere che significa vivere da figli e non da schiavi, non solo dinanzi al mistero del male, ma dinanzi al governo, all'economia, alla tecnologia militare, alla tecnologia informatica '" Questo è il senso del nostro destino ed è anche il miglior modo di far fronte all'iniquità del tempo. Il nostro tempo, aumentando, accumulando dentro di noi gli spessori dell'esperienza, rischia di portarci a quella terribile saggezza che è una grande verità, ma ha il torto di essere mezza verità: «Vanità delle vanità, tutto è vanità». Questa mezza verità, senza della quale nessun'altra verità è verità, rischia di essere l'unica verità di coloro che hanno molti anni e che guardano i nostri entusiasmi con compatimento come se noi non capissimo che non c'è niente da fare. Quando uno è arrivato a dire che non c'è niente da fa, è già schiavo, ha già accettato la necessità come sua legge. Noi dobbiamo, da una parte prender coscienza degli anelli terribili di questa necessità – sono anelli che non si spezzano – e dall'altra parte, con una forza proporzionata all'immanità della necessità, reagire mettendo in moto le forze della libertà. Come Maria che «non capiva» le cose che pure l'avevano come protagonista, ma le custodiva nel cuore, così anche noi dobbiamo custodire nel cuore queste cose, perché forse anche quest'anno avremo occasione di dovercene ricordare.

 

                                                       Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” – vol. 2

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