1 Novembre 2016 – FESTA DI TUTTI I SANTI – Anno C

1 Novembre 2016 – FESTA DI TUTTI I SANTI – Anno C

1 Novembre 2016 – FESTA DI TUTTI I SANTI – Anno C

 

La turba di coloro che con mitezza e dignità difendono il volto divino dell'uomo è innumerevole. Si tratta di una santità che non è molto diffusa in casa nostra, che non bazzica molto, forse, nelle nostre chiese.

 

 

PRIMA LETTURA: Ap 7,2-4.9-14 – SALMO: 23- SECONDA LETTURA: 1 Gv 3,1-3- VANGELO: MtS,1:12a

 

 

Se voi trovate nel mondo uomini che potete chiamare miti, misericordiosi, puri di cuore, facitori di pace… voi avete conosciuto la santità. Questi sono i santi senza aureole (non importano le aureole!), sono i figli del regno, sono gli esseri beati, ma non nel senso edonistico della parola, in un senso pieno: essi si sono adempiuti veramente. Nella nostra memoria carnale gli uomini di successo sono altri, e perfino i santi che nominiamo santi spesso sono troppo vicini agli altri uomini di successo. Io sono convinto (enuncio una ipotesi rispettosa) che dinanzi agli occhi di Dio i santi non sono i nostri santi – che poi sono troppo vicini a noi, e sono sugli altari, li abbiamo messi in alto – ma gli anonimi, la turba che Gesù con i suoi occhi osservava, trapassando forse i secoli, quando diceva: «Beati i miti, i facitori di pace…». Dove sono? Forse il loro nome è scritto nelle tavole di bronzo della cultura? Già per questo, forse, sono sotto sospetto. Io però ho la convinzione, non volontaristica ma motivata, che siano tanti coloro che rassomigliano ai santi descritti da Gesù, quelli delle beatitudini. I santi, forse, sono là dove il nostro occhio non arriva perché il nostro occhio è telecomandato. Noi abbiamo notizia soltanto di alcuni di loro solo perché rientrano nella cronaca maggiore della storia. […] La turba di coloro che con mitezza e dignità difendono il volto divino dell'uomo è innumerevole. Si tratta di una santità che non è molto diffusa in casa nostra, che non bazzica molto, forse, nelle nostre chiese. Posso poi innalzare il mio sguardo. Quando noi parliamo, con un linguaggio simbolico, dei santi che sono nei cieli, nella gloria di Dio, noi parliamo quelle persone elette che rappresentano, in maniera diretta, le possibilità straordinarie della coscienza, che non possono spiegarsi semplicemente alludendo alle cause materiali dell'esistere. Il fatto che chi vive secondo lo spirito delle beatitudini è, nel mondo, debole e quasi straniero, ci sconforta, perché se qualcuno merita una patria è proprio chi vive così. Invece per quelli che vivono così non c'è patria. Ecco perché si è fatta, anche a livello filosofico, l'ipotesi di un regno ulteriore. Il cristiano afferma che la gloria di Dio è lo spazio indescrivibile in cui si trovano coloro che hanno vissuto con coerenza questa esigenza interiore a cui Gesù ha dato un nome nelle beatitudini. Non vorrei chiudere senza dire che c'è come un lavacro che ci redime tutti, che forse abolisce le nostre discriminazioni, anche di per sé legittime quali quelle che ho fatto ora. Tra i violenti ed i miti, tra i facitori di pace e i facitori di guerra, io ho il dovere di fare una distinzione. Ma c'è il lavacro della tribolazione! Io penso (lo dico come una ipotesi che vale anche come suggerimento di una riflessione adatta a questi due giorni) che ci sia per noi tutti una tribolazione che porta con sé quasi la potenza di una espiazione: è quella della morte. È la tribolazione che ci attende tutti. Ne abbiamo tante, ma questa è la grande tribolazione in cui ci immergiamo come in una espiazione. Una specie di innocenza o di diritto alla vita emerge in noi quando dobbiamo affrontare un destino che di per sé ci fa dubitare che ci sia una misericordia nei cieli. Diciamo che Dio è padre ma quale padre vorrebbe che i figli morissero? La morte è un grido, è un punto di riferimento interrogativo che si innalza verso di Lui. Con pietà io penso che tutti quelli che entrano, dopo aver compiuto chissà quante cose senza sapere quello che facevano, nella tenebra della morte, essi già per questo acquistano, per misericordia di Dio, una specie di diritto di entrare nella sua gloria.

 

Ernesto Balducci – “I1 Vangelo della pace” vol 2

 

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