10 Maggio 2020 – V DOMENICA DI PASQUA – Anno A

10 Maggio 2020 – V DOMENICA DI PASQUA – Anno A

10 Maggio 2020 – V  DOMENICA DI PASQUA  – Anno A

 

Vorrei solo dirvi che la ricerca di Dio non ha senso perché Dio lo vedremo guardando la faccia dell'uomo: questo ci ha insegnato il Signore. Diffidate da quelli che dicono che i diritti di Dio sono i più importanti di tutto. Dio non ha diritti, e se li ha, li nasconde tutti nei diritti dell'uomo i cui diritti non sono rispettati.

 

PRIMA LETTURA:  At 6, 1-7- SALMO: 32- SECONDA LETTURA:  1 Pt 2, 4-9- VANGELO:  Gv 14, 1-12

 

Noi siamo tra quelli che vogliono un mondo pacifico ma i costruttori non prevedono questo: essi hanno delle misure in cui questo che io dico è stoltezza e quindi, se potessero, mi proibirebbero anche di pensarlo o comunque di dirlo. Bisogna che io riprenda le misure del mondo su questa parte scartata su cui scende la luce del Vangelo. Questo è il mio, il nostro impegno. E non per essere dei non integrati in un mondo di integrati, che può anche rappresentare un momento compensativo, ludico che il sistema può – in certi limiti – tollerare o addirittura alimentare, a maggior perfezione del panorama sociale. Io devo trasformare questa mia alternativa in un programma di vita che abbia valore per tutti. Il tempo in cui siamo è il tempo io cui i costruttori sono in disperazione grande perché non riescono più a far quadrare le cose. Proprio ora che la costruzione della città terrena ha acquistato dimensioni unitarie, ora che davvero i vertici dei poteri terreni si toccano e già preludono al vertice unitario, ora che 1'alternativa tra la città di Abele e quella di Caino è una alternativa a portata di mano, ora i costruttori si trovano costretti ad una resa dei conti. Cosa ci daranno? Una città sicura? La città sicura su che cosa la baseranno? La mia paura è che i costruttori, con la saggezza di sempre, la vogliano costruire sulla paura, sul terrore, sulla minaccia e sugli equilibri che rimandano alla forza bruta. E possibile che noi esseri umani – diciamo cristiani ma è proprio su questo punto che la coincidenza dei due attribuiti è straordinaria – ci adattiamo a questa città? Non è possibile! Vogliamo una città diversa e la cerchiamo non per amor nostro. Allora potremmo anche andarci a ritirare nel deserto come facevano gli Esseni ai tempi di Gesù. Erano degli scontenti, fecero delle comunità ritirate nel deserto e stavano bene. Ma noi non vogliamo fare dei monasteri, noi vogliamo fare la città, che è un'altra cosa. Gesù non ha predicato una religione per monaci ma ha predicato le promesse di Dio per gli uomini tutti. Ecco la nostra ostinazione. Noi vogliamo una città liberata dai criteri dei costruttori di questo mondo. In questa città dovranno finire tutte le discriminazioni. Sono gli scartati che devono prenderla in mano, perché i costruttori, o i cittadini diventati omogenei ai costruttori perché hanno accettato la loro ideologia, non sono in grado di darci una città diversa., Per quanto si diano da fare, la città è sempre quella. È la città delle discriminazioni interne. Scoperchiate la città di oggi e vedrete quali spaventose discriminazioni ci sono sotto l'egualitarismo formale. Forse come mai nel passato. In fondo, nella città medioevale i poveri erano figure pubbliche. Sono nate, nella Firenze medioevale, opere di assistenza il cui presupposto ideologico era che ogni uomo è un cittadino, anche il povero ha una sua dignità. Ma nella nostra società dove tutti hanno dei diritti in realtà si attua una discriminazione rigida e spietata dove chi non ha le qualità previste è un anonimo di cui nessuno si occupa più. […] Noi dobbiamo volere una città che i costruttori non si immaginano nemmeno, dove non ci sia differenza fra maschio e femmina, dove non ci siano più ricchi e poveri, dove i meccanismi del capitale che operano discriminazioni siano spezzati, dove a tutti siano date le stesse possibilità e dove i frutti della terra siano a disposizione di tutti gli uomini. Mi limito all' enunciazione simbolica. Non entro nelle determinazioni concettualmente più attuali. Vorrei solo dirvi che la ricerca di Dio non ha senso perché Dio lo vedremo guardando la faccia dell'uomo: questo ci ha insegnato il Signore. Diffidate da quelli che dicono che i diritti di Dio sono i più importanti di tutto. Dio non ha diritti, e se li ha, li nasconde tutti nei diritti dell'uomo i cui diritti non sono rispettati. Dio ci aspetta nell'uomo i cui diritti son calpestati. Questo ci ha detto il Signore. Se incontrate un affamato, un carcerato, un perseguitato – l'ha detto Lui – incontrate Dio. E quella la ricerca di Dio che i costruttori non vogliono. Essi fanno anche chiese, come costruirono cinquecento anni fa questa chiesa, con i soprusi. Ma nessuno dice che Dio è nel povero, nell'offeso, nel carcerato ingiustamente, perché questo fa tremare il mondo. Noi vogliamo far tremare il mondo, vogliamo essere destabilizzatori del mondo proprio per questa passione per l'uomo. Se noi insistiamo nel dire che essa ha rapporto col Vangelo lo facciamo non per legarla ad un residuo mitico, ma perché ci accorgiamo – strada facendo – che questa parola di Gesù, che tutti i costruttori hanno cercato di inserire come elemento compositivo nel loro edificio, in realtà ritorna viva come prima, ci riabilita alla contestazione di questo mondo e alla speranza di un mondo diverso. Non è parola antica, è viva, attuale e non può essere sostituita da altre. Le altre sono troppo tributarie del tessuto culturale provvisorio del tempo, mentre questa, al di là del velo culturale di duemila anni fa, è la parola calda, incandescente e profetica. Noi riteniamo che sia la Parola di Dio, ma solo in quanto ne facciamo un programma di vita, di costruzione di una città diversa.

 

Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” – vol. 1

 

 

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