11 Febbraio 2024 6° Domenica t.o.

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Prima Lettura Dal libro del Levitico Lv 13, 1-2, 45-46
Salmo Responsoriale (Sal. 31)
Seconda Lettura Dalla prima lettera ai Corinzi 1Cor 10,31-11,1

Dal Vangelo secondo Marco Mc 1, 40-45

 


deve darsi infatti delle regole volte alla propria difesa, a garantire alcuni principi di
stabilità, di ordine interno. Il che implica esclusione. E siccome la nostra società vuole
ispirarsi ai grandi principi dell’uguaglianza e della emancipazione, essa si trova a
compiere una impossibile quadratura del cerchio. Fa finta di voler inserire in sé l’escluso,
ma non ci riesce, perché dovrebbe contestare se stessa nei propri principi costitutivi. E la
drammatica dialettica in cui siamo inseriti. L’accampamento esclude coloro che lo
minacciano nella sua integrità. I drogati sono i lebbrosi del ventesimo secolo. La società
non ha altro luogo di esclusione che la prigione, che è fuori dell’accampamento, ma anche
dentro l’accampamento. E dentro, ci sono le leggi; è fuori perché chi è dentro è un
escluso, e sarebbe l’escluso ideale se arrivasse a dire: sono un immondo! Un escluso
conserva la sua identità finché si sente un soggetto autonomo, capace di iniziative.
Quando si spegne questa identità e l’escluso si lascia integrare nella logica
dell’accampamento, l’accampamento esulta. Io non voglio giudicare, da questa sede, una
sentenza. Però posso dire che ci troviamo, da una parte, giustamente soddisfatti nel
bisogno di salvare alcuni principi che valgono per tutti, fuori o dentro l’accampamento:
— non si può costringere nessuno, non si può far violenza nemmeno a colui che non si
vuol curare dall’altra parte, però, sentiamo che in questa applicazione di un principio in sé
giusto c’è molto farisaismo. Che si fa, infatti, per questi esclusi? Ci si mette dinanzi a loro
con le tavole della legge che abbiamo noi nell’accampamento, secondo le quali ognuno
faccia quel che vuole? Si può davvero sancire questo principio di libertà fino a rispettare
anche il lento declino verso la morte di chi è ormai in preda di un meccanismo
distruttivo? Siamo in una contraddizione estrema. Ne potrei citare tante altre, che
accrescono la nostra inquietudine morale, in questi anni. L’inquietudine nasce dal
desiderio di allargare i confini dell’accampamento perché ci sia posto anche per quelli che
sono esclusi e dalla necessità di salvare in caso le regole dell’ accampamento perché la
violenza distruttiva non sorga dall’interno; sarebbe la catastrofe Questa tribolazione
morale, giuridica e politica è l’ultimo lembo della nostra dignità. Se non avessimo questa
tribolazione, saremmo finiti del tutto, anche riprendendo ora il discorso nei suoi termini
più versali, si noti la collocazione che ha Gesù in questa dialettica. Gesù è davvero un
escluso, un immondo. Ha preso su di sé il «corpus peccati». E un immondo perché sta
con gli immondi. Pensate alla sapienza — permetto di dir così, con una punta di cinismo
— delle disposizioni del Levitico. Essa consiste nel mirare a fare dell’escluso non un
riottoso, non un ribelle, un randagio che fuori dei confini dell’accampamento tenta di
minacciare la pace dell’ accampamento, ma uno che accetta la propria esclusione fino a
proclamarla, fino a mettere in guardia gli altri da se stesso. Se volessi definire con una
parola sola la missione di Gesù potrei dire: Gesù è andato fra gli immondi per insegnare
loro a smettere di dirsi immondi, a guardare l’accampamento e scoprire che
l’accampamento è immondo. Questa è la rivoluzione, il capovolgimento. Se prendete le
beatitudini vedete che sono fatte di immondi. I beati sono gli immondi. I poveri, i
perseguitati per la giustizia, gli afflitti… sono degli immondi, sono esclusi
dall’accampamento, con diverse gradazioni. Gesù è venuto a svegliare la coscienza degli
esclusi perché smettano di considerarsi legittimamente esclusi, perché sappiamo che il
futuro è in mano loro.
Da “Il Vangelo della Pace” vol.2 anno B

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