13 Novembre 2016 – 33^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno C

13 Novembre 2016 – 33^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno C

13 Novembre 2016 – 33^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno C

 

Dio nasce nelle cose vive non nei templi morti, non nelle statue, non nei crocifissi dove si è come calcificata la nostra cupidigia dell'assoluto. Noi dobbiamo vedere Dio nella freschezza fragile del mattino e quindi attorno a noi, nelle persone, nelle vicende familiari, nel bambino che nasce, in due che si amano, in due popoli che si incontrano, nelle dittature che cadono.

 

 

PRIMA LETTURA: Ml 3, 19-20- SALMO: 97- SECONDA LETTURA:  2 Ts 3, 7-12- VANGELO:  Lc 21, 5-19

 

 

… Dobbiamo guardare i cominciamenti. Noi siamo affini al cominciamento. È questo il rimprovero di Paolo ai Tessalonicesi i quali, tutti presi dal senso della fine, avevano perfino smesso di lavorare, avevano abbandonato ogni occupazione e quindi avevano trovato nella visione della fine un sostegno alla pigrizia, all'inerzia. No, noi siamo congeniali ai cominciamenti perché il regno di Dio rassomiglia non ad un albero che secca ma ad una gemma che spunta nell'albero che secca. Una gemma sola in una foresta ha più verità che tutta la foresta. È il cominciamento il punto di riferimento dell'altro occhio dell'anima, dell'altra misura interiore. Non siamo portatori di una lugubre notizia ma di una buona notizia se il Vangelo vuol dire questo. La buona notizia è che le cose cominciano. Vedete come si allargano gli spazi della fraternità, come popoli separati si abbracciano, come nasce un linguaggio nuovo, cadono i vecchi nomi, le vecchie durezze, le vecchie incomprensioni, le parole ritrovano il senso vero, per me diritto umano vuol dire la stessa cosa sempre di più per i popoli C'è una unificazione nel mondo. Tutto questo è un cominciamento straordinario. L'effetto di questo modo di guardar le cose è il fervore nel partecipare alla vita del mondo, nello scegliere la via giusta che è quella di aiutare – per usare la bella parola biblica – l'aurora a nascere: siamo le levatrici dell'aurora. Dobbiamo far nascere la novità che è sotto i nostri occhi. Il Signore ci dice: «Guardate l'albero, quando mette le gemme vuol dire che l'estate è vicina». Le gemme sono tante! Ma bisogna guardarle senza complicità – è questo il difficile, è questa la nostra ascetica radicale – con il multiforme spirito di potenza, che si camuffa anche nell'entusiasmo per le novità. Il distacco è la segreta garanzia del fervore perché un fervore appassionato veicola nuove forme di appropriazione. Ci sono molti che amano tutte le novità ma semplicemente perché mettono il piede nella nuova occasione che si apre, senza distacco. Rimarranno delusi. Credevano di aver toccato la terra promessa ed era semplicemente un isolotto sperduto. Dobbiamo vivere questo approccio alla novità con distacco: è la sapienza evangelica. Non vi lasciate suggestionare, non date ascolto a chi dice: io sono il Cristo, non andate a vedere le madonne o i santi, i miracoli che ci sono qua e là perché in quei luoghi non c'è nessuno. Dio nasce nelle cose vive non nei templi morti, non nelle statue, non nei crocifissi dove si è come calcificata la nostra cupidigia dell'assoluto. Noi dobbiamo vedere Dio nella freschezza fragile del mattino e quindi attorno a noi, nelle persone, nelle vicende familiari, nel bambino che nasce, in due che si amano, in due popoli che si incontrano, nelle dittature che cadono. Tutto questo è il Dio che nasce, il regno di Dio che viene. Tutto questo dobbiamo farlo con perseveranza. La parola che mi è rimasta aggrappata all'anima è questa. Non dobbiamo scoraggiarci. […] In questo momento ci collochiamo in tutti i luoghi del crollo del mondo. Sentiamo che il Maestro ci ha detto cose vere; ci sono terremoti, giudizi, tribunali iniqui, uccisioni che sono il segno che il mondo del potere è maledetto, è condannato, finisce perché su di esso è l'ira di Dio ed è l'ira dell'uomo. Non dobbiamo lasciarci sgomentare. Ma insieme godiamo, perché, nonostante tutto, il nuovo regno comincia; il regno di Dio è già tra noi e noi gli diamo un nome, collocazioni geografiche, simboli laici. Tutto questo serve a cogliere questo processo di Dio. Poi certo su di noi si stende la minaccia di cui ci parlano gli scienziati, ma dobbiamo anche ricordarci che questa minaccia non è nata dal fato, è nata anch'essa dalla volontà di potenza. Abbiamo voluto creare un mondo vorace, dedito al consumo e la natura che ci muore sotto gli occhi ci avverte che questa è una via pazza, è una follia Questo il Vangelo già lo diceva. Una vita vissuta con povertà – senza dare alla parola nessuna accezione ascetica – impostata più sull' essere che sull' avere – tanto per rifarmi ad una endiadi tanto di moda in questi ultimi anni – non avrebbe portato ai disastri che invece abbiamo. È l'uomo abbandonato alla volontà di potenza che distrugge la terra. Tutti i segnali convergono nell'ammonirci sulla necessità di recuperare questa sapienza della fin e e del principio. 

 

Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” vol. 3

 

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