16 Agosto 2015 – 20^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno B

16 Agosto 2015 – 20^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno B

16 Agosto 2015 – 20^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO – Anno B

 

La sapienza viene, non si conquista, non è sulla linea dello sviluppo autonomo dell'uomo, è invece nella linea della reciprocità fra gli esseri, per cui implica in noi un atteggiamento non di conquista ma di accoglimento.

 

PRIMA LETTURA: Prv 9,1-6- SALMO: 33- SECONDA LETTURA- Ef 5. 5-20-VANGELO:Gv 6,51-58

 

…La sapienza viene, è un invito che ci fa, essa ha preparato un banchetto. Non è dunque un prodotto dell'essere umano, ma è invece un dono che ci viene incontro. Questo tratto ci pone in una condizione spirituale di rispetto per tutto ciò che ci viene incontro. Le vie della sapienza sono innumerevoli! La sapienza è nel vicino che vi sfiora, la sapienza è nello spettacolo che potete vedere in un certo momento di una giornata. Essa non ha itinerari stabiliti, presuppone un atteggiamento d'accoglienza nei confronti dell'altro e, generalmente, dell'umanità. Questa sapienza ci viene incontro e non ce ne accorgiamo perché la nostra cultura crea pareti di indifferenza. A volte mi prende la commozione a pensare a quanta sapienza c'è accumulata nell'umanità in questo momento. Chi ne parla? La televisione? I libri? Nessuno ne parla perché tutto questo rientra in un'altra forma di sapere che è, globalmente parlando, stoltezza agli occhi della sapienza, in quanto è un sapere che legittima le frontiere, la polizia … È un sapere che appartiene ad una necessità che vorremmo superare, non è la risposta alle attese profonde. Se noi potessimo accogliere i rivoli di sapienza che scorrono verso di noi da ogni parte del mondo, come cresceremmo nella sapienza! La sapienza viene, non si conquista, non è sulla linea dello sviluppo autonomo dell'uomo, è invece nella linea della reciprocità fra gli esseri, per cui implica in noi un atteggiamento non di conquista ma di accoglimento. Questo è un altro tratto importante della sapienza. Il terzo tratto importante – e poi chiudo con questa tipologia – è che il riflesso interiore che dà la sapienza è quello della gioia inesplicabile che non ha motivazioni dicibili: è il contatto con le sorgenti dell'essere. Qui mi permetto di ricordare che la rivelazione cristiana ci dice che la Sapienza era presso Dio, accanto a Lui, giocando come una bambina, quando Egli fece le cose. Vuol dire che nell'opera di creazione c'è questo elemento di gratuità, di gioco, che si rivela soltanto nella sapienza. La vera rifrazione interiore di un contatto con la sapienza è la gioia. Non chiedetemi peché, non si può dire a parole. Questi connotati che ho brevemente riassunto li proietto adesso di fronte a Colui che ha detto: «Io sono il pane disceso dal cielo», cioè «Io sono la sapienza che è venuta», perché l'Eucarestia è un banchetto imbandito da questa sapienza. Infatti Gesù è, per un verso, il grande uomo di cui la cultura ha parlato e può parlare, però Egli non ci interessa. Ma in quest'uomo, nei segni che ci ha lasciato, nelle parole che ci ha trasmesse c'è la presenza della sapienza in cui si trova il senso totale del vivere. Anzi è una sapienza che di per sé è un scacco di ogni cultura: «Grazie, o Padre, perché queste cose le hai nascoste agli intelligenti e le hai rivelate a semplici». Questa semplicità è quell'atteggiamento dell'essere di cui vi ho parlato. Non è l'infantilismo, il far da bambini, la ricerca dell'ignoranza. C'è a volte una forma di devozione religiosa che rasenta l'idiozia. La Sapienza non è il culto della stupidità, è questa semplicità, perché l'atteggiamento dell'essere non subisce il ritmo degli anni, resta infantile sempre, anche a novanta-cento anni. Noi che siamo credenti riconosciamo che in Gesù si è fatta verso di noi la sapienza, Egli è la parola discesa dal cielo e chi mangia di quel pane e beve di quel vino ha la vita eterna. Sono brevi riflessioni che ho voluto ricomporre insieme a voi per entrare in questo grande segreto del nostro mistero di credenti e di .uomini. Che ce ne sia bisogno è inutile che lo sottolinei, perché la stanchezza dell'esistere deriva proprio dal fatto che ogni altra forma di sapere, di sperare, di programmare, subisce l'usura del tempo e invece la sapienza non ha gli orologi che segnano la sua crescita e il suo deperire: Essa è.

 

Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 2

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