16 Aprile 2023 II Domenica di Pasqua

16 Aprile 2023 II Domenica di Pasqua

16 Aprile 2023 II Domenica di Pasqua

Prima Lettura At 2, 42-47
Salmo Responsoriale (Sal. 117)
Seconda Lettura 1Pt 3-9

Vangelo secondo Giovanni Gv 20, 19-31

Possedere una coscienza attraverso il dominio, la meraviglia, il fascino non è
una vera conquista cristiana perché solo quando in una persona nasce la stima,
l’apprezzamento, l’ammirazione per i valori che si vivono la fede nasce da
sorgenti pure. Se invece nasce dal fatto che io porto con mano il Vangelo e
con l’altra il quattrino, con una mano il Vangelo e con l’altra una farmacia… io
manipolo le coscienze, porto ad un’aggregazione che è fragile perché alle sue
origini c’è stata la ricerca di un interesse non una risposta dello Spirito. Come
vedete ho dovuto per coerenza con l’assunto di questa mia riflessione, scrivere
il modulo genetico nella sua purezza. Capisco che tentare di calare questa
struttura architettonica nel tessuto della storia è quasi una impresa impossibile,
ma la parola impossibile è una parola che muore sulle labbra quando
pensiamo alla resurrezione: niente è impossibile. Noi dobbiamo continuare,
perché è possibile: La fede, dai suoi rapporti trascendentali col suo termine
vero che è il Cristo risorto, penetra dentro le dinamiche della storia. Aver fede
vuol dire credere anche a queste cose, credere che in un mondo di guerra ci
può esser pace perché solo allora io mostro che la mia fede nell’impossibile —
la resurrezione è impossibile secondo l’uomo — diventa norma di vita. Io
credo nell’impossibile. Credo che sia possibile creare un mondo fraterno in cui
negri e bianchi stiano insieme senza nessuna ripugnanza, in cui i poveri e i
ricchi finalmente si spartiranno le ricchezze che adesso sono ingiustamente
distribuite. Credo che questo mondo sia possibile e questa forza interiore è la
forza della fede che guadagna la stima del popolo, cioè della gente che in
questo mondo vive nell’insicurezza, nell’incertezza, nell’insufficienza dei
mezzi. Non mi potete negare che questa è, con ogni verosomiglianza, la
struttura normativa dell’esistenza cristiana- Il resto appartiene alla nostra
debolezza e dobbiamo accogliere questa debolezza dentro di noi con senso di
penitenza. Allora la penitenza non è querimonia sul nostro peccato,
astrattamente denunciato che non serve a nulla, ma è una presa di coscienza
umile delle nostre inadempienze. Una presa di coscienza che abbiamo bisogno
di comunicare agli uomini e a Dio.
Da “Gli ultimi tempi” vol.1 anno A

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