19 Maggio 2013 – DOMENICA DI PENTECOSTE – Anno C

19 Maggio 2013 – DOMENICA DI PENTECOSTE – Anno C

Ogni speranza che io addito a me ad a voi nel futuro deve valere per ogni uomo della terra.

 

PRIMA LETTURA:  At 2, 1-11- SALMO: 103- SECONDA LETTURA:  Rm 8, 8-17- VANGELO:  Gv 14, 15-16. 23-26

 

…La nostra società è piena di celebrazioni, è sostanzialmente necrofila perché non riesce a pensare se non in termini di passato, mentre il futuro che incombe attende risposte creative, le quali non possono esserci se noi non nobilitiamo la lingua di tutti gli uomini; cioè se non siamo in grado di dare messaggi che ciascuno ascolti con la convinzione di averli ascoltati nella propria lingua. Questo è il miracolo che deve avvenire. «E perché ascoltando, ciascuno ascolta nella propria lingua?». Ecco il miracolo che deve avvenire. Non possiamo camuffarci e nemmeno possiamo negare tutto ciò che ci è stato trasmesso, ma se noi parliamo secondo lo Spirito parliamo in modo tale che la nostra parola, pur essendo quella che è, collocata in una certa forma nella molteplice storia delle lingue umane, trasmette qualcosa che ciascuno raccoglie secondo la propria lingua. Abbiamo bisogno di questo miracolo perché 1'alternativa è la crescita della paura. Quando osserviamo tentativi di restaurazione dobbiamo cogliervi, con comprensione umana, un bisogno di difesa. Come si fa se si vive scoperti di fronte a prospettive nuove? Dobbiamo esaltare la potente creatività che è in tutti gli uomini perché tutti gli uomini aspirano a parlare una lingua comune e, come si è detto, c'è dentro di noi una grammatica generativa come potenzialità di un linguaggio comune. Abbiamo pericoli comuni, un futuro comune senza più distinzione. Le lontananze si sono accorciate, anzi sono scomparse e perciò non possiamo che pensare in modo globale. Ogni speranza che io addito a me ad a voi nel futuro deve valere per ogni uomo della terra. Già questo ci permette di liberarci delle illusioni di cui invece la nostra società impaurita è feconda. Quali sono queste illusioni? Per esempio quella di scandire dinanzi a noi un progresso economico che vale solo per noi. Se si parla di progresso economico dobbiamo domandarci se si tratta del progresso economico dell'umanità intera o del progresso economico di una parte a danno dell'altra. Se così è, questo progresso non ci libera dalla paura, anzi l'aumenta.

 

E così si dica di ogni altro aspetto che costituisce l'orizzonte provocante e minaccioso che abbiamo davanti. Questo modo di pensare in universale non è il modo che ci è stato insegnato nelle scuole, né quello con cui gli eredi delle rivoluzioni hanno proclamato la libertà, l'uguaglianza e la fraternità. In nome di quei valori abbiamo conquistato il mondo e lo abbiamo reso schiavo! La storia di questi ultimi duecento anni è questa: con quelle bandiere abbiamo fatto schiavi. Abbiamo sfruttato il prossimo con la parola «fraternità». Abbiamo instaurato dittature coloniali con la parola «libertà». Questo abbiamo fatto. Non possiamo più perseguire una universalità che non passi attraverso il rispetto delle molte lingue, delle molte attese degli uomini per il semplice fatto che siamo una sola famiglia. Nessuno lo ha mai saputo come noi in questa fine del secolo. Lo Spirito ci deve liberare dalle immagini più care. lo non posso più pensare a Gesù Cristo come ci pensavano – per andar lontano – Sant'Agostino o Dante Alighieri devo pensarci in modo totalmente nuovo.

 

La fedeltà a Lui non è la fedeltà ad una immagine forgiata nelle officine del magistero del passato, ma che non è più al livello dell'umanità di oggi. È lo Spirito che mi suggerisce tutto questo, non l'arbitrio, il capriccio. È lo Spirito che ci deve suggerire nuovi modi di annunciare il Vangelo. Se non crediamo nello Spirito cadiamo nella paura o nella sicurezza aggressiva. Questo è quello che abbiamo sotto gli occhi. Ecco perché noi siamo in un momento di estrema serietà morale e, parlando evangelicamente, di estremo rischio per la nostra fede. Tutti i contatti che si possono avere, o fisicamente in modo diretto o indirettamente attraverso i processi informativi, ci annunciano che il tempo stringe, che dobbiamo arrivare davvero a prepararci ad un futuro prossimo in cui uomini di diversa razza, di diversa cultura, di diversa lingua staranno nello stesso spazio, vivranno nelle stesse città e non si capiranno. L'istituzione di scuole apposite, per insegnare agli stranieri la nostra lingua, non sarà la soluzione. La via giusta sarà quella di poter annunciare cose che hanno senso in ogni lingua. Questo è un miracolo che non ha soltanto un significato interno alla prospettiva cristiana ecclesiale, è un miracolo che ha valore sociale cosmico. A questo noi siamo chiamati. Ma come è difficile che questo avvenga! Le cronache di tutti i giorni ci fanno comprendere come la incomunicabilità cresce sotto questo velo di comunicazione diffusa la quale ha creato dei consumatori di informazioni, ma non degli informatori. Noi consumiamo informazioni che ci vengono date in ogni modo, ma nessuno di noi è più in grado di informare. Il primitivo informava, noi non informiamo ma consumiamo quello che ci viene dato.

 

Così facendo un'anonima potenza, che è all'opposto dello Spirito Santo, ci divora la coscienza, ce la predispone ad accettare i verdetti di domani, gli autoritarismi più severi, che non avvertiremo più come tali perché avremo una coscienza adatta ad accoglierli con esultanza. Questa dittatura anonima, cresce ogni anno. Noi andiamo fieri di avere strumenti, giornali, mass media, ma in realtà ci dimentichiamo che non abbiamo più la scienza della voce. La scienza della voce è la scienza del saper dire e del saper ascoltare i messaggi degli altri.

 

Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – Vol. 3

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