20 Agosto 2017 – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

20 Agosto 2017 – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

20 Agosto 2017 – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno A

 

Noi dobbiamo riscoprire l’uomo non più nei libri, ma nell’incontro reale con la diversità che ci assedia ed è provvidenza di Dio che ci assedi.

 

PRIMA LETTURA: Is 56, 1.6-7; SALMO 66; SECONDA LETTURA:Rm 11, 13-15.29-32; VANGELO: Mt 15, 21-28

 

Tutti  coloro che aspirano al diritto e alla giustizia, anche se non arrivano a riconoscere che in Gesù Cristo questa aspirazione ha avuto il suo sigillo supremo, si muovono nello stesso cammino. Perciò il Regno di Dio ha confini immensi, quanto l'umanità, mentre la Chiesa visibile ha confini stretti. Guai se diventano confini soffocanti! Invece di essere i confini del segno visibile, che deve parlare ai popoli della promessa di Dio, diventano barricate: chi sta dentro è salvo, chi è fuori è dannato, secondo una vecchia teologia terroristica! Tutti coloro che cercano la giustizia sono nel Regno che noi amiamo e di cui aspettiamo la manifestazione, già cominciata con Gesù di Nazareth. Per cui quando confessiamo Lui non confessiamo l'uomo, facciamo nostre le speranze umane e ci compromettiamo con loro. Allora si apre davvero la prospettiva universalistica del cristianesimo. Noi siamo oggi chiamati (e con quanta fatica Dio solo sa) a superare io crinale del nostro particolarismo: oso dire del nostro razzismo religioso. É un viaggio che vorrà, forse, la fatica di generazioni: molti di noi che combattono devono essere pronti ad accettare di morire per la strada senza arrivare alla Terra Promessa. Senza impazienze, perciò, contando anche sui tempi lunghi, sapendo che non è facile la conversione dei cuori. Ché anzi, la Chiesa primitiva a cui spesso ci appelliamo come ad argomento invincibile, è una chiesa fondata da uomini che han dato il sangue: sono morti per essa. Gli apostoli sono morti uccisi, perché vissero dentro le contraddizioni del tempo, non al riparo, non meravigliandosi ad ogni urto contro di esse, con quell'eroismo tutto retorico e verbale che noi ben conosciamo. La condizione essenziale di coloro che, per grazia del Signore, sentendo l'appello all'universalità, hanno una volontà irriducibile di abbattere tutte le barriere, è che siano pronti ad attendere ed a sacrificarsi. É così che germoglia il seme del futuro: ed è così che si ripete – e si ripeterà fino alla fine dei tempi – il trapasso da una umanità tenuta compatta dall'istinto di potenza a una umanità tenuta aperta dall'amore.

 

Ernesto Balducci da: "Il mandorlo e il fuoco" Vol. 1 (1977)

 

/ la_parola