20 Marzo 2016 – DOMENICA DELLE PALME

20 Marzo 2016 – DOMENICA DELLE PALME

20 Marzo 2016 – DOMENICA DELLE PALME

 

Chi vive nell'amore compie questo traghetto incredibile: dal nulla al tutto, dalla morte alla vita. 

 

Gesù è colui che, anche ricondotto alla sua entità storica, liberato dalle “sovrastrutture" che la fede ha aggiunto alla sua vita, è vissuto solo per gli altri con una essenzialità senza residui ed è entrato nella morte per amore. In questo momento si è acceso il senso della vita. Niente ha senso di per sé. Non è che ci siano alternative, che la storia abbia chissà quali compiti nel futuro dell'uomo, che lo Spirito assoluto, attraverso le vicende dialettiche dell’umanità,costruisca chissà quale regno dell'uomo. Queste sono mitologie annientate dalla croce, si sgonfiano come bolle malsane. Ma se entriamo in questo tunnel buio del morire con la forza dell'amore all'improvviso si accende la luce. A prescindere da ciò che è stata fisicamente per Gesù crocifisso, la resurrezione è la sconfitta di questo mondo che segue la sola logica della potenza Chi vive nell'amore compie questo traghetto incredibile: dal nulla al tutto, dalla morte alla vita. Guardata da questa luce piena d'amore la storia non è più colpita dal freddo giudizio ironico. La parola che nasce da quel buio pieno di amore è: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". La nostra vita viene circoscritta da questa insipienza: siamo innocenti perché siamo ignoranti, non sappiamo quello che facciamo. Questa assoluzione è una assoluzione che non annulla le responsabilità ma in qualche. modo colloca l'umanità intera dentro i confini, che sono i suoi, della non conoscenza del senso delle cose, per cui si commettono con innocenza dei crimini. Tutti facciamo così. Siamo dentro ad una ignoranza delle ragioni del mondo e delle cose e questa ignoranza si estende, diventa struttura, logica, legge, principio, tribunale, scuola: diventa istituzione, e così siamo nel peccato innocentemente! Il Signore ci ha guardato con questo sguardo di compassione. Ci penso spesso perché a volte nel nostro sdegno morale saremmo tentati di mandare a brutto destino certe persone. Ma c'è uno sguardo che nasce dall'amore assoluto che è riuscito a entrare nella morte con tutto il peso dell'angoscia. Quest'uomo ha sudato sangue preparandosi a morire, ha riluttato dinanzi allo spettacolo della morte perché Egli è consustanziale alla vita e niente è più ributtante del morire per chi ha il senso della vita. Gesù è la vita, per cui in nessun momento della storia umana il conflitto fra il vivere e il morire ha raggiunto tanta radicalità. Ma guardando la nostra commedia con lo sguardo che si è collocato in questa essenzialità assoluta egli ha manifestato l'amore per tutte le creature. Le parole del Signore sono una assoluzione universale. L'importanza di questo racconto è che è un racconto che inscrive l'opera del disegno di Dio nella oggettività della storia umana. Vorrei dire: anche quelli che non lo sanno vanno verso questo destino. Non c'è niente di più contrario allo spirito di questo racconto che l'appropriazione da parte dei cristiani di quello che è avvenuto. Quanto è avvenuto riguarda tutti gli uomini che sono passati sulla terra. E' lo svelamento del senso dell'uomo nell'universo. Chiunque vive con amore entra in questo mistero di vita. Siccome poi tutti paghiamo un tributo alla passione – morire,si muore tutti – io penso che questa partecipazione universale al soffrire, alla disperazione del morire ci valga questa assoluzione. Nelle tenebre della passione ha abitato l'uomo, che noi chiamiamo Figlio di Dio, che ha svelato per tutti gli uomini il senso del morire e l'esito della storia umana, che non è di catastrofe ma di vita. Non possiamo sciogliere questo nodo che unisce strettamente il morire e il nascere. È un nodo profondo. È inutile chiamare a consulto gli scienziati e i filosofi; non si spiega nemmeno perché uno debba esalare l'ultimo respiro. C'è qualcosa che sta al di sotto della nostra vicenda umana ed è lì che si stringe questo nodo fra il morire e il nascere. La mano che regge il nodo è la mano di Dio. E' questo uno dei tanti modi di reagire a questo racconto di ciò che è avvenuto, e che nasconde il senso di ciò che avviene in ogni tempo e in ogni luogo. In questo racconto hanno posto tutti,anche quelli che dicono: 'Dio non c'è, non c'è giustizia!' perché Gesù ha detto: 'Dio mio perché mi hai abbandonato?'. Ci sono i vigliacchi che scappano – Pietro li rappresenta tutti – ci sono anche quelli che dubitano, quelli che dicono: 'Se sei figlio di Dio chiamalo perché ti salvi'. Tutte le situazioni del vivere che usiamo nelle astratte enunciazioni sono presenti. Io penso che questa onnipresenza della passione del Cristo nelle condizioni dell'umanità sia un segno straordinario che qui davvero c'è il dito di Dio, come qualcuno disse, battendosi il petto, dopo che Egli spirò. Qui c'è il segno del Dio che non conosciamo, di cui non sappiamo parlare che con parole più o meno sceme. Questo Dio, qui si è fatto presente. La nostra fede è il modo di entrare,in misura adeguata, nel grande annuncio della Pasqua verso cui siamo protesi, ma già questa passione è Pasqua perché chi muore per amore sembra un condannato, un criminale, un delinquente, in realtà è il Signore. Il delinquente fatto Signore è il capovolgimento radicale che Dio ha compiuto all'interno della tragica commedia dell'umanità.

 

Ernesto Balducci – da: “Omelie sparse”

 

 

/ la_parola