20 Settembre 2015 – XXV DOMENICA TEMPO ORDINARIO

20 Settembre 2015 – XXV DOMENICA TEMPO ORDINARIO

20 Settembre 2015 – XXV DOMENICA TEMPO ORDINARIO

 

Noi abbiamo voluto costruire imperi mastodontici soffocando radici umane, e questo è un discorso anche politicamente importante. Non possiamo più continuare.

 

PRIMA LETTURA: Sap 2, 12.17-20- SALMO: 53- SECONDA LETTURA: Gc 3,16-4,3- VANGELO: Mc 9, 30-37

 

…Bisogna modificare la pianta uomo. É una necessità storica altrimenti andremo andremo alla guerra di tutti contro tutti, ora che lo stato è finito e non è più idoneo a governare i rapporti fra gli uomini che sono diventati rapporti inter-raziali. […] Nel linguaggio vulgato, che io prediligo, dico che siamo arrivati ad una soglia storica in cui è necessaria una cultura che metta in primo piano, non idealisticamente ma realisticamente, la necessità della mitezza, del rapporto inerme fra gli uomini, altrimenti ci distruggeremo. Siccome alla luce della fede nessuna soglia della storia umana è indifferente, essa rientra in una lettura che ha senso nella storia della salvezza, noi siamo arrivati al momento in cui dobbiamo in ogni modo cambiare per salvarci. La parola salvezza da un registro puramente spirituale acquista un significato denso, di tipo biologico. Sicuramente scocca, sul quadrante dell'umanità, un'ora nuova quando la biologia e la rivelazione combaciano. C'è qualcosa di straordinario. Ci siamo. Ecco che questa esperienza che viene dall'alto – nel linguaggio antico tutto ciò che è nobile e grande si fa scendere dall'alto – viene anche da noi, viene dal profondo e lo sentite vibrare in voi stessi quando vi ricreate l'immagine di Gesù che prende un bambino. In quel momento in voi qualcosa reagisce con commozione. Stiamo però attenti perché la nostra cultura ci ha portato in maniera nefasta a idealizzare il bambino. In fondo ai bambini vogliamo bene perché non sono ancora in competizione. Il bambino rappresenta quella frangia dell'esistenza collettiva in cui non ci sono competizioni e quindi tutti – si fa per dire – vogliono bene ai bambini. É un elemento romantico il bambino. Ma Gesù non parla così, Gesù non è un romantico che vuol bene ai bambini, il bambino è l'essere inerme, i piccoli non sono piccoli per età, sono i piccoli socialmente, sono i «minores», gli ultimi. Gesù ha preso il bambino perché, al livello sociologico e biologico, è in condizione di minorità e in quella indicazione si investono tutti coloro che sono i minori. Se noi non accogliamo i minori, come dice il Vangelo, non entreremo nel Regno. Questo vuol dire che se non abbandoniamo la legge della competizione noi non avremo salvezza, nei due sensi della parola che vengono a coincidere. Del resto questa coincidenza non è un fatto nuovo, sappiamo che nell'antica tradizione ebraica la salvezza era anche molto terrestre. C'è una dimensione terrestre della salvezza che lo spiritualismo astuto ci ha portato a sorpassare per cui abbiamo detto: sì io sono al primo posto ma spiritualmente sono l'ultimo. Questa è una menzogna intollerabile. La sapienza, dice Giacomo, è mite, arrendevole, senza parzialità e senza ipocrisia. Noi abbiamo ipocrisie incredibili. Pur di giustificare la costruzione della nostra vita secondo gli schemi competitivi accettiamo tutto sul piano interiore. Ora l'ipocrisia non è più tollerabile. Non è mai stata tollerabile, ma c'è un momento della storia in cui salta agli occhi, ci viene incontro la nefandezza dell'ipocrisia. Ci siamo: dobbiamo costruire in noi stessi e fra di noi rapporti basati sulla sapienza mite, arrendevole, non competitiva; saper creare leggi di sviluppo che non implichino necessariamente la competizione distruttiva, la eliminazione del debole. Questo è vero nelle scuole, nelle famiglie e nella società. É un problema inquietante, lo so. Anche in una scuola che significa non accettare la competizione? Addio alla scuola! Eppure dobbiamo inserire il momento competitivo nel momento della comprensione e della collaborazione. La competizione si risolve non nella vittoria del forte sul debole ma nella loro intesa, nella loro collaborazione, anche pedagogicamente. E così si dica sul piano della società. Certo, mi accorgo, in questo momento scivolo nell'utopia e tuttavia noi ci accorgiamo che questo è il problema su cui, anche sul piano storico, saremo giudicati. Noi abbiamo soffocato le culture, le diversità ed ora tutto ci cade addosso. Noi abbiamo voluto costruire imperi mastodontici soffocando radici umane, e questo è un discorso anche politicamente importante. Non possiamo più continuare. Mi accorgo di aver preso sentieri non previsti, ma ritorno all'asse del discorso: questa sapienza che viene dall'alto è rappresentata da Gesù che manifesta se stesso. Ma dopo tre anni che aveva insegnato ai suoi discepoli, i discepoli non capivano nulla. Se ci si pensa, è anche confortante perché nemmeno un maestro come Lui riuscì a cambiar la mente dei discepoli! É il mistero del nostro rapporto con la verità che desideriamo nel nostro profondo ma di fronte alla quale diventiamo, quando occorre, sordi, muti, incapaci di comprenderla. Dobbiamo anche essere coscienti che ogni generazione ha una sua particolare vocazione e la nostra generazione ha questa vocazione: è chiamata ad approfondire col pensiero, con l'esperienza, questo cambiamento di vita. É importante esserne convinti. Anche se avevo in animo altre cose da dirvi, quello che ho detto mi sembra che metta abbastanza bene in rapporto questa sapienza nuova che emerge dal Vangelo e le attese profonde che sono in noi ma che sono rimaste soffocate da una educazione che ha privilegiato la competizione, la sopraffazione del debole. Che la sapienza di Dio ci assista in modo che sappiamo vivere fruttuosamente gli anni che si aprono dinanzi a noi e che sono gli anni in cui dobbiamo costruire secondo l'unione e la collaborazione e non più secondo la legge del primato del forte sul debole. É a questo che siamo chiamati.

 

Ernesto Balducci – da "Gli ultimi tempi" vol 2

/ la_parola