22 Ottobre 2023 29° Domenica t.o.

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Prima Lettura Is 45, 1-46
Salmo Responsoriale (Sal. 95)
Seconda Lettura 1 Ts 1, 1-5b

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 22, 15-21

 

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Sono davvero lontani i tempi in cui queste parole — «date a Cesare quel che è
di Cesare e a Dio quel che è di Dio — venivano addotte per dare fondamento
ai rapporti tra le due società: quella civile e quella religiosa. Nei secoli che
abbiamo alle spalle, specie nel mondo della vecchia cristianità, si è cercato di
trovare in questa distinzione di Gesù il fondamento di un rapporto tra la
società religiosa, come dire la Chiesa, e la società civile, come dire lo Stato,

basato sulla distinzione degli ordinamenti e su una regolamentazione delle due
diverse potestà, con la conseguenza che sulla coscienza del cittadino
appartenente alle due società gravavano oneri, sorveglianze, pregiudiziali che
partivano da ambedue le autorità supreme. Il cattolico viveva, con una
coscienza lacerata, suddito di due poteri. Questo modo di vedere le cose non
solo è superato, almeno nelle sfere più evolute, più lucide, più aperte della
coscienza pubblica ma è anche in contraddizione col significato ovvio del
Vangelo. E uno dei casi in cui la prigionia ideologica delle coscienze, anche
delle più avvertite, faceva forza alla parola del Vangelo per trovare in essa
quel che si voleva trovare.
Mi spiegherò assumendo però come tema — senza più attardarmi in
polemiche con la mentalità del passato — quel valore che a me piace chiamare
della «messianicità» dell’esistenza. Il cristianesimo, se ricondotto alla sua
matrice, non è una religione da mettere accanto alle altre, non trova il suo
momento specifico nel parlare di Dio e nell’esortare alla contemplazione di
Dio come le grandi religioni dell’oriente, quelle di matrice vedica. Il proprio
del cristianesimo è di proporre come compito dell’uomo la realizzazione di
una creazione a misura di Dio e a misura dell’uomo: un compito messianico.
Gli obiettivi del mondo e della storia non sono considerati irrilevanti,
secondari, ma sono gli obiettivi specifici della fede. Tante volte ce lo diciamo,
ma non possiamo sottrarci alla ripetizione delle cose essenziali. L’obiettivo
messianico non è religioso, se per religione intendiamo, come si deve intendere, un orientamento dello spirito che punta all’assoluto, al trans-temporale, al non-terreno, all’aldilà, insomma. La Bibbia è tutta legata a questa — mi si passi un neologismo — «terrestrità», al punto che per gli antichi ebrei
non era nemmeno importante domandarsi che cosa c’è nell’aldilà dato che il
senso delle cose si risolveva tutto dentro i confini del tempo. La benedizione e
la maledizione si scontavano totalmente nel tempo, senza residui
ultramondani. Lo ricordo solo per sottolineare che il messaggio biblico è un
messaggio che attraversa gli spessori della creazione e trova il suo approdo in
quelle che sono le attese di fondo della creazione. L’annuncio evangelico di
Cristo spezza, è vero, questa chiusura temporale e apre le prospettive della
salvezza anche oltre le barriere della morte. La Resurrezione è la rottura di
quella barriera ultirna che è il sepolcro, ma nel contempo assume ciò che nella
promessa biblica era essenziale, e cioè adotta le finalità stesse della creazione.
Questa è l’essenza del cristianesimo. Quante volte lo abbiamo detto! Ma è
bello incontrare questa pagina singolarissima, sconcertante di Isaia che ci dà
ragione. Non è importante che un uomo sappia chi è Dio: importante è che
egli operi secondo la dinamica della sua creazione.
Da “Il Vangelo della pace” vol.1 anno A

/ la_parola