24 Gennaio 2016 – 3^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO –Anno C

24 Gennaio 2016 – 3^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO –Anno C

24 Gennaio 2016 – 3^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO –Anno C

 

Dobbiamo assumerci il destino di coloro che attendono la liberazione: questo è ciò che Gesù chiede. Gli altri problemi non voglio svalutarli ma sono gerarchicamente subordinati a questo.

 

PRIMA LETTURA : Ne 8,2-4.5-6.8-10- SALMO: 18- SECONDA LETTURA : 1Cor 12,12-30- VANGELO Lc 1,1-4; 4,14-21

 

…Non possiamo pretendere, seduti nei nostri scranni, negli uffici vaticani, di dire che cosa è la liberazione, perché c’è un punto archimedico su cui dobbiamo poggiare ed è il rapporto non alienabile fra la coscienza che vive e la parola. Questo è un rapporto che non può subire intercettazioni. E invece le abbiamo fatte! Non dobbiamo insegnare ai poveri cosa vuol dire liberarsi, sono loro che ce lo devono insegnare. È la loro coscienza che dobbiamo rispettare quando ascolta la parola di Dio, che decide, non noi per loro. Secondo me questo è un principio che ha anche dei riflessi importanti nella nostra coscienza politica civile. Il disprezzare le coscienze in ragione dell’efficacia degli obiettivi porta con sé, per un errore di partenza, conseguenze ultime terribili. Non si fa la rivoluzione imponendola, occorre che essa scaturisca dal dilagare di una convinzione, della libertà cioè. Ma questo è già trasferire il discorso in un registro civile, politico che non è illecito ma che può essere fuorviante. Torno a dire che quello che conta è costruire un nostro progetto di vita secondo l’imperativo della liberazione. Se un credente accetta questo sa come fa a trovare Dio. Non leggendo libri ma arrotolandoli e mettendosi di fronte a coloro che attendono perché hanno gli occhi fissi su di noi. Noi che diamo? Che facciamo? Predichiamo, mandiamo editti ma non facciamo. Dobbiamo assumerci il destino di coloro che attendono la liberazione: questo è ciò che Gesù chiede. Gli altri problemi non voglio svalutarli ma sono gerarchicamente subordinati a questo. Se non affrontiamo questo con l’intimo del nostro essere – Dio solo sa quanto fa soffrire – gli altri sono tutti problemi sbagliati, anche se sono strettamente giusti. Questa rimessa a fuoco delle certezze che scaturiscono dalla fede, che come vedete hanno una loro profonda consonanza con le istanze profonde della nostra coscienza puramente umana, è necessaria per ritrovare la via della salvezza. Lo dico anche proprio in senso storico perché ormai non dobbiamo leggere i libri, come rischiava di fare la comunità di Esdra, sentendo il calore di essere un popolo; dobbiamo pensare a coloro che non hanno nessun calore, che non sono un popolo. Dobbiamo leggere queste cose avendo in mente una specie di mappa fissa che è il mondo intero, altrimenti sbagliamo. Allora sentiremo che viene verso di noi un grido, una attesa di liberazione. Ma noi siamo gente non libera che fa della libertà un rito esterno, un gioco formalistico. Siamo succubi di manipolazioni infinite, tra le quali anche quella della convinzione di essere liberi, che è un effetto di una manipolazione collettiva. Abbiamo la coscienza imbevuta, alimentata giorno per giorno perché i suoi orientamenti siano quelli che vogliamo che abbia e non ce ne accorgiamo. Ecco perché in certi momenti un confronto crudo con le esigenze assolute della parola di Dio ci fa bene, ci apre dentro quel crepaccio nel quale vediamo che non siamo affatto liberi ma che la speranza è stata delusa, rattrappita e inaridita. Allora la speranza, dal crepaccio, risorge e la vita riacquista un senso e – per riprendere i due termini della prima lettura – il pianto si trasforma in gioia.

 

Ernesto Balducci – da: “Il tempo di Dio”(1992)

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