24 Giugno 2018 – NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

24 Giugno 2018 – NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

24 Giugno 2018 – NATIVITÀ  DI  SAN GIOVANNI BATTISTA

 

Non esistono omelie di P. Balducci per la liturgia della festa di S. Giovanni Battista, poiché raramente la sua data coincide con una domenica. Cogliamo però l’occasione per riportare un significativo brano che compare alla fine dell’opera “L’Altro” , del febbraio 1992: due mesi prima della sua morte.        

 

PRIMA LETTURA:   Ger 1, 4-10-SALMO: 70-SECONDA LETTURA:   1 Pt 1, 8-1-VANGELO:   Lc 1, 5-17

 

 IL DIO SCONOSCIUTO   

 

È nella pratica del silenzio come concentrazione sul mio nucleo costitutivo che io sono nascosto a me stesso così come Dio mi resta nascosto. Io non so chi io sia e non so chi sia Dio ma so che quando ci vedremo faccia a faccia conoscerò me e conoscerò lui perché la nostra verità è nella reciprocità. L’ateo non lo sa, ma le sue negazioni erano già sapute dal mio silenzio perché egli non fa che distruggere fragorosamente gli idoli che anch’io silenziosamente distruggo. Il suo limite è di essere a suo modo del tutto conforme alle misure dell’uomo edito, il corrispettivo dialettico del bigotto o del clericale che fanno di Dio un punto di sostegno delle loro sicurezze pubbliche e delle loro aspettative maturate sulle pulsioni della società in cui sono integrati. La preghiera del fanatico mi disturbo come la negazione dell’ateo. Chi grida nella pubblica piazza che Dio c’è mi urta come chi nella pubblica piazza lo nega. Solo chi prega lo conosce, ma la preghiera non è nel suono delle parole, è la tensione di me nascosto verso di Lui che è nascosto. La religione è loquace e scrive sui muri il nome di Dio, la fede silenziosa lo cancella: la verità di Dio è nel momento in cui il suo nome si cancella… Io sono nascosto a me stesso così come Dio è nascosto a me. La mia verità sta prima delle parole e sta oltre. La preghiera è il respiro dell’uomo nascosto che si protende verso Colui che è nascosto: l’incontro, se c’è, non è dicibile. Dio non si dimostra, Dio si mostra e si mostra a chi, rinunciando a quella sottile forma di potere che è la parola, si mostra a sua volta, e cioè si apre inerme all’orizzonte del possibile che ingloba in sé quell’infinitesima porzione che è il reale. La morte rientra in quella porzione. Essa è, per un verso, il silenzio come consumazione entropica, come il precipitare nel ‘buco nero’ in cui si annullano le misure dello spazio-tempo, è puro non-essere, ma è, per l’altro verso, come il trionfo del silenzio alle soglie ultime della sua pienezza. Non mi chiedete che vi dimostri quale delle due possibilità è la vera. Dipende da una decisione il cui movente è alle radici dell’uomo nascosto e che, appunto per questo, non può entrare mai nel codice delle parole. Anche a chi, come me, ha passato una vita a leggere, a dibattere, a predicare, a dimostrare l’arcano senso della morte riesce difficile rispondere perché l’immagine della morte evoca in alcuni il momento di un incontro da sempre atteso. Non resta che rispondere che è per grazia di Dio, ma la risposta ha il limite pienamente legittimo di non essere razionalmente significativa. Le sollecitazioni del Dio nascosto, e cioè della grazia, passano attraverso le trame delle contingenze come dire del caso. Ma il caso non potrebbe essere la faccia banale della strategia di Dio? E in quella strategia non potrebbe essere che chi sul piano della pubblica professione si dichiara ateo sia in realtà complice del Dio nascosto, un suo strumento inconsapevole, dato che ogni uomo è nascosto a se stesso? E non potrebbe essere che la preghiera con cui io che mi dico credente mi metto in contatto col Dio nascosto sia niente di più che la fruttificazione di circostanze che hanno segnato i passi della mia vita? Mi sono spesso domandato che ne sarebbe stato di me se fossi nato in una città chiassosa e illuminata, in una tranquilla famiglia borghese. Ma sono nato nel silenzio di un paese medioevale, sulle pendici di un vulcano spento e in una cornice umana dove era difficile discernere il confine tra la realtà e la fiaba. Sono cresciuto avvolto in un silenzio che mi dava spavento e mi avvezzava ai contatti col mistero. È stata una grazia? È stata una circostanza casuale che ha condizionato la mia libertà per sempre? Queste domande si spengono nel silenzio e cioè nel giusto posto.

                                                   

  Ernesto Balducci – da: “L’altro: un orizzonte profetico”

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