25 Giugno 2023 XII Domenica T.O.

25 Giugno 2023 XII Domenica T.O.

25 Giugno 2023 XII Domenica T.O.

Prima Lettura Ger 20, 10-13
Salmo Responsoriale (Sal. 58)
Seconda Lettura Rm 10,26-33

Vangelo Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9, 36-10,8

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…Il discorso del Signore diventa allora un discorso di consolazione e di forza: non
dobbiamo temere, certo c’è da temere. Quando parlo di queste cose in una
collocazione che è quella liturgica mi tengo in un perimetro ristretto. Però io penso,
in questo momento, a tutti coloro che sono stati uccisi, torturati, incarcerati solo
perché non hanno ceduto alla verità ufficiale e non avevano nemmeno fede in Dio,
avevano fede nella propria coscienza e sono stati gettati via come spazzatura.
Magari poi si recuperano e si mettono sui monumenti, ma questa è la commedia
umana! Noi dobbiamo essere solidali con tutti coloro, anonimi, innumerevoli, che
hanno testimoniato la verità non realistica, che non aveva spazi nella cultura del
momento, del potere del momento. Sono loro il fermento vivo dell’umanità. Noi
viviamo di quelle sofferenze, di quei sacrifici. Se ora la speranza, quella giusta, si
riaccende in noi è perché l’olio è stato preparato in lunghe macerazioni di secoli e
chi è stato stritolato non ha lasciato nemmeno il nome su una pietra. Ecco perché
mi rivolgo a Dio. L’occhio di Dio queste cose le vede. Ci sarà uno sguardo
onnicomprensivo in cui la vendetta — la parola non è cristiana ma il concetto è
giusto — sarà fatta, cioè in cui si rivelerà chi era dalla parte del giusto e del vero?
Quell’occhio c’è. Questa è la fede cristiana. Per questo non dobbiamo temere.
Niente di ciò che è nascosto rimarrà nascosto, tutto sarà rivelato. È il principio in
base al quale è stata costruita la teoria del giudizio universale che è una
rappresentazione fantastica di una esigenza giusta. Sarebbe la storia conforme
all’idea che abbiamo di Dio se ciò che è nascosto non venisse alla luce? Certamente
no. Ecco un postulato della nostra coscienza cristiana: ciò che è nascosto verrà alla
luce. Quando? Non importa. Essere poveri vuol dire non aver nemmeno
l’impazienza di sapere le scadenze. Questa è povertà estrema. Vediamo come
giustamente le famiglie delle vittime di quel disastro aereo, su cui gioca il sapere
ufficiale da dieci anni, vogliono sapere quando si dirà la verità nascosta. Non lo so
se avverrà ma usando per analogia questo tema dico: noi dobbiamo aspettare con la
sicurezza che verrà. E la povertà nel rinunciare alla rabbia, all’impazienza, alla
disperazione è la condizione di questa attesa. La speranza dei poveri, dice la
Scrittura, non verrà delusa. Io ho stabilito non una patetica ma strutturale
comunione fra il povero ed il profeta. La povertà di cui vi ho detto è il distacco da
sé, il disinteresse per sé nella sicurezza che c’è questo cielo in cui i passeri volano
con serenità. Noi siamo in questo cielo remoto, liberi come fiori e come passeri. Se
siamo cosi avremo l’occhio capace di guardare lontano attraversando, come nebbia
labile, le sapienze solide dei realisti che domani saranno messe in discussione. Chi
ha la età sa quante volte si sono dati i giudizi di Dio sui realisti. Ne ho visti tanti
passare! Si giustificavano in nome del realismo ed ecco sono apparsi stolti,
criminali, delinquenti. Così è la storia! Non dobbiamo macchiarci mani e l’anima
con la complicità con questo realismo effirnero perché se lo voltate dall’altra parte
esso è lacrime, sangue, emarginazione, sofferenza degli uomini di questo mondo.
Questa scelta è fondamentale per essere in linea con l’esigenza evangelica e con le
esigenze profonde della coscienza morale dell’uomo.
Da “Gli ultimi tempi” vol.1 anno A

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