28 Aprile 2013 – 5^ DOMENICA DI PASQUA-Anno C

28 Aprile 2013 – 5^ DOMENICA DI PASQUA-Anno C

 

L’amore è costruttivo della città santa, di cui abbiamo sentito parlare con così belle parole nell’Apocalisse.

 

PRIMA LETTURA: At 14, 21b-27- SALMO: 144- SECONDA LETTURA: Ap 21, 1-5- VANGELO: Gv 13, 31-33a. 34-35

 

L’idea che la violenza è una necessità storica è entrata nel cuore cristiano, per cui l’amore e diventato un’esperienza da liturgie, da piccoli gruppi o da isolamenti conventuali, è diventato un’esperienza senza rapporti con la storia perché la storia era rimessa a leggi sue, leggi economiche intoccabili come quelle fisiche: il libero mercato, la concorrenza… Il genio della violenza, inseritosi nell’universo della ragione, ha toccato tutto, perfino la santa chiesa che ha avuto il suo Sant’Uffizio, le sue prigioni, i roghi, la guerra santa… Dov’è l’amoreNo mi si venga a fare il solito discorso sulla bellezza dell’amore cristiano, dell’amore reciproco, perché questo amore deve imprimersi nella città altrimenti egli è soltanto una compensazione, una fuga. Gesù non ha creato una comunità notturna, una comunità marginale come quella degli Esseni che stravano sulle rive del Mar Morto con tutte le loro devozioni, senza disturbare nessuno. Il potere costituito è pronto anche a sovvenzionare queste oasi di recupero. Gesù ha amato fino ad andare in croce, cioè ha disturbato l’ordine costituito. Questo è il mistero che dobbiamo accettare fino in fondo.Noi siamo un mistero a noi stessi, non appena rompiamo quel codice di filtraggio con cui i più bei desideri li riduciamo ad un desiderio da supermarket e le più grandi aspirazioni umane vanno a finire in qualcosa i molto prosaico. Così la parte migliore (il nostro mistero) rimane in noi nascosto. Se rompiamo questo schermo ritorna visibile il mistero in noi. L’amore è costruttivo della città santa, di cui abbiamo sentito parlare con così belle parole nell’Apocalisse. Dobbiamo domandarci che senso ha oggi non l’amore come fruizione intersoggettiva, privata, ma l’amore costruttivo di una città. Mi pare che la risposta possa venire con molta facilità. Dobbiamo prima di tutto guardare la storia umana – questa è la grande lezione globale che ci viene dalla manifestazione della salvezza che ci dà la Bibbia – che è piena di segni di novità. Il nostro Dio è un Dio che fa «nuove tutte le cose» e questo non una volta per sempre, di continuo. Giudicare il futuro che viene con gli schemi del passato è un’offesa a Dio, come se egli fosse un Dio da antiquariato. Se emergono situazioni inattese, guardiamo: potrebbe trattarsi di Dio che fa nuove tutte le cose. Noi siamo in un una condizione umana in cui si fanno nuove tutte le cose perché l’architettura della violenza è in sfacelo: nemmeno quelli che la sostengono sono più in grado di difenderla, devono trovare altre parole. La violenza, quella che ho sentito decantare nelle scuole, è finita perché non è più un messaggio culturale credibile e quindi è costretta a camuffarsi. Anche tutti gli ordigni che sono distribuiti in Europa ed in Italia sono collocati per la pace: il loro segno è la pace. Non c’è più l’esaltazione della guerra come salute dei popoli, come segno di grandezza nazionale. Al suo posto non c’è più niente, perché la verità che emerge oggi è che non potremo vivere più se non in pace. Questa è una novità. Prima si poteva vivere con le guerre, era sufficiente risanare subito dopo le piaghe per preparare la guerra successiva. Oggi non si può più. È la novità. Come non vederlo? Dobbiamo ricostruire il mondo secondo la nonviolenza, cioè secondo l’amore. La parola amore, se la togliete dalla vaporosità sterile che ha, questo significa: stabilire rapporti di nonviolenza tra popolo e popolo, uomo e uomo. Così facendo, una nuova città nasce. Non so quale sarà questa città. non è quella che abbiamo alle spalle. Tutte le belle e grandi città hanno una storia gremita di memorie di guerra, uccisioni, stermini, sfruttamenti. Noi vogliamo una città diversa che sia come un’anticipazione della città ultima. Lo sguardo volto verso l’evento ultimo non è uno sguardo che scavalca ma penetra dentro il tunnel della storia. Altrimenti a cosa serve? Così dovremo fare, cioè vedere di ricostruire una città secondo amore. Questo vuol dire – sembra semplice – riprendere in mano l’intero organismo articolatissimo della nostra convivenza e smontalo e ricomporlo…

Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” vol. 3

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