28 Maggio 2023 Pentecoste

28 Maggio 2023 Pentecoste

28 Maggio 2023 Pentecoste

Prima Lettura At 2, 1-11
Salmo Responsoriale (Sal. 103)
Seconda Lettura 1Cor12 3b-7,12-13

Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 20, 19-23

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Il mistero dello Spirito Santo è centrale nella fede cristiana. Se non vi riflettiamo non ci è neppure possibile capire in che senso, come, con quali forze e con quale credibilità noi presumiamo di continuare nel tempo in un tempo così diverso — la stessa opera di Gesù.
Per entrare meglio nella comprensione di questo mistero, mi permetto di passare, in rassegna rapidamente alcuni brani della Scrittura che la liturgia prevede per la vigilia di Pentecoste. In un brano del Genesi, si narra dello sforzo collettivo con cui i primi uomini intrapresero la costruzione della Torre di Babele: « Venite, costruiamoci una città ed una torre la cui cima tocchi il cielo, e facciamoci un nome per non disperderci su tutta la terra. Ma il Signore scese e disse: «Confondiamo la loro lingua perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro ». Nel brano dell’Esodo il popolo di Israele, riunito da Mosè alle falde del Sinai, si trova dinanzi ad una terribile manifestazione di Dio: « Ed ecco, al terzo giorno, sul fare del mattino ci furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di trombe. Tutto il popolo che era nell’accampamento fu scosso da tremore. parlava a Dio e Dio gli rispondeva con voce di tuono. Nel terzo brano, il profeta Ezechiele per invito di Dio profetizza in nome dello Spirito, e un’immensa e sterminata congerie di ossa diventa un popolo vivente. «Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la gente di Israele. Ecco, esse vanno dicendo: le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Perciò profetizza e annuncia loro: Dice il Signore Iddio: Ecco io apro i vostri sepolcri e vi resuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese di Israele. Nel quarto il profeta Gioele annuncia i tempi messianici: «Dio effonderà il suo spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie ». Finalmente Paolo, nella Lettera ai Romani: « Sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto, Essa non è la sola ma anche noi che possediamo le primizie dello Spirito gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo; poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se è visto non è più speranza. Infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma sperando ciò che non vediamo lo attendiamo con perseveranza». Questa rapida rassegna di punti di riferimento, fondamentali per una riflessione cristiana sullo Spirito, permette di accostarci alla Scrittura di oggi in una prospettiva giusta. Innanzi tutto è certo per noi (che crediamo nel Dio creatore e nello Spirito che è la sua potenza nel mondo) che la creazione ha un solo e medesimo fine, quello di cui parla Paolo: la liberazione. Nel linguaggio messianico questa condizione di pienezza si chiama « shalòm », pace. È questo il saluto, infatti, che Gesù risorto dà ai suoi: « Pace a voi » ed alita su di loro lo Spirito perché portino e realizzino nel mondo questo messaggio. Per una coscienza credente, liberata da forme anguste e settarie, deve esser chiaro che l’umanità ha un solo fine. La Chiesa non ha un suo fine: il suo è lo stesso fine dell’umanità. Non ci sono due obiettivi in conflitto, l’uno dell’umanità e l’altro della Chiesa. C’è un solo fine. E questo fine non è estrinseco all’umanità ma scaturisce dalla stessa profondità dell’atto creativo. Per cui, fino a prova contraria — ed è una prova difficile — io devo partire dall’ipotesi che tutti gli uomini, in forme diverse, con lingue diverse tendono verso l’unità del genere umano. Non sarei cristiano se non credessi a questa dinamica verso l’unità, latente nel cuore dell’uomo, che a volte diventa cosciente, diventa progetto, a volte è aspirazione confusa, a volte addirittura aspirazione disperata. Ma anche quest’ansia disperata è il segno dello Spirito.

Da “Il mandorlo ed il fuoco” vol.1 anno A

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