5 Maggio 2013 – 6^ DOMENICA DI PASQUA – Anno C Come ci dice la scrittura, la gloria di Dio è l’uomo vivente. Questa necessità storica oggi ha una congiuntura tutta specifica su cui dobbiamo insistere.

5 Maggio 2013 – 6^ DOMENICA DI PASQUA – Anno C Come ci dice la scrittura, la gloria di Dio è l’uomo vivente. Questa necessità storica oggi ha una congiuntura tutta specifica su cui dobbiamo insistere.

PRIMA LETTURA: At 15, 1-2. 22-29- SALMO 66- SECONDA LETTURA: Ap 21, 10-14. 22-23- SECONDA LETTURA: Ap 21, 10-14. 22-23

…Io penso alla storia della fede cristiana come ad una storia perenne di fallimenti. Forse sarà sempre così, in qualche misura.

Occorre capire il perché di questi fallimenti del progetto evangelico, dove sta la loro radice. La radice, come ho spiegato all’inizio, è nella impossibile presunzione di combinare la pace che dà il mondo con la pace che dà l’amore. Perché se la pace che dà l’amore la voglio difendere con i metodi che il mondo usa, cioè con la spada, con la forza, avrò spaventosi stravolgimenti come quelli che sono alle nostre spalle ma sono anche dinanzi ai nostri occhi. Questa pace deve essere la pace che distrugge le discriminazioni, che prepara la città santa che non ha né tempio né gerarchie, ma è la città degli uomini uguali, in cui abita la gloria di Dio. Come ci dice la scrittura, la gloria di Dio è l’uomo vivente. Questa necessità storica oggi ha una congiuntura tutta specifica su cui dobbiamo insistere.

Da una parte, tutto è pronto perché nasca una città che si approssimi a quella della nostra profezia: ci sono sulla terra prodotti sufficienti per sfamare tutte le creature – è la prima volta che succede – abbiamo strumenti scientifici per eliminare le piaghe più terribili, anche le malattie più funeste, abbiamo strumenti che possono rendere gli uomini di ogni razza vicini gli uni agli altri, È l’aspetto glorioso della storia dell’uomo. Però tutto questo è interno alla logica del potere e allora, più aumenta l’efficienza e più terribili sono le conseguenze. E lo vediamo! […] Nessuno può scagliare una pietra: siamo in un mondo in cui molte nazioni hanno strumenti per moltiplicare la produzione ed altre crescono nella fame. C’è una discriminazione di base che spiega tutto. La divisione dell’umanità in stati in competizione fra loro è una arcaica sopravvivenza dell’età della circoncisione, che non ha l’altezza dell’età tecnologica, nella quale non è possibile usare gli strumenti per competere. Ormai dobbiamo passare ad una civiltà della collaborazione, dell’intesa, abolendo le frontiere. Le nubi non conoscono le frontiere. Attraverso il negativo dobbiamo apprendere il positivo, dalla funesta potenza dello spirito omicida che è in noi dobbiamo apprendere l’alfabeto del nuovo modo di far politica. La pace che ci ha dato il mondo è l’opposto della pace. Dico questo non per una troppo facile apologetica dell’amore, ma perché l’ispirazione profetica deve ormai cedere il passo ad altri strumenti come quelli della ragione morale e della progettazione politica. Noi dobbiamo lottare per eliminare dalla nostra città tutti i segni del potere nato dallo spirito di potenza, di dominio, di sopraffazione e di competizione. È la città della pace quella di cui abbiamo bisogno. È inutile scagliarsi gli uni contro gli altri; siamo tutti dentro la stessa perversione e quindi dobbiamo mobilitarci per mettere sotto accusa il tipo di civiltà che abbiamo prodotto, che fa piangere e morire tante creature. Chiunque si mobiliti per questo scopo anche se non ha mai aperto o ascoltato il Vangelo, è nello spirito evangelico. Le tribù della terra sono tante. Ci sono anche quelle che non hanno mai sentito parlare di Gesù Cristo, ma sono tribù della terra, sono dentro i confini della creazione del Padre, appartengono alla grande chiesa del Padre in cui noi cristiani siamo ancora una setta. Dobbiamo saper leggere questa verità del Padre per poter amare tutte le tribù della terra e vivere in collaborazione con tutti. Le implicazioni di questo ripensamento di una verità che era rimasta sepolta nel repertorio dei discorsi spirituali, e perciò innocui e sterili, sono presenti facilmente alla coscienza di tutti voi. È tempo che ci mobilitiamo. È tempo che rimettiamo in questione le durezze ideologiche, le ortodossie rigide che hanno preso il posto della verità che è l’amore, è tempo che ascoltiamo l’ansia di coloro che portano il peso di questa sistemazione del mondo. È questo che lo Spirito di Dio vuole.

 

Ernesto Balducci- da:”Gli ultimi tempi” vol. 3.

/ la_parola