5 Marzo 2023 II domenica Quaresima

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5 Marzo 2023 II domenica Quaresima

Prima Lettura Gen 12,1-4a  – Salmo Responsoriale (Sal. 50) – R.  Seconda Lettura 2Tmb1, 8b-10

Tutti i segni ci dicono che è destinato ad inasprirsi, a crescere, fino a diventare forse il tratto dominante del mondo che sta per venire, il conflitto fra due sentimenti che sono la nostra miseria e la nostra grandezza di uomini. Il primo è il sentimento forte della nostra identità, potremmo dire della «casa del padre», dove abbiamo ereditato e sviluppato il nostro sentimento di appartenenza alle tradizioni, abbiamo stabilito nel nostro firmamento interiore i punti di riferimento incrollabili che ci danno la sicurezza senza di cui non si può vivere. Non siamo nel mondo come orfani, non siamo creature destinate a ricominciare daccapo la costruzione dell’esistenza e della convivenza con gli altri: viviamo e cresciamo in un mondo che ci fornisce tutto ciò che ci serve per poterci riferire a noi stessi sapendo chi siamo. Questa necessità instaura dentro l’individuo e dentro il gruppo umano una specie di dinamica centripeta, di bisogno del ritorno o della permanenza nella «casa del padre» fuori della quale non sappiamo più chi siamo. L’altra spinta — ed è qui la nostra intrinseca universalità — è il bisogno di fuggire dalla nostra casa, di emigrare lontano dalla casa del padre, senza sapere dove arriveremo ma per un bisogno di collegarci — per usare ancora una parola della Scrittura d’oggi — con «tutte le famiglie della terra», perché la famiglia a cui sentiamo di appartenere è una sola, è l’umanità. Così, in questo conflitto, si costruisce la nostra storia nei suoi crimini spaventosi e nelle sue grandezze mirabili. È difficile pensare ad un qualsiasi popolo che non abbia accumulato questi fasti e questi nefasti. Ci vergogniamo delle grandezze del passato perché esse sono tutte intrise di sangue, di un bisogno di difendere la casa del padre e di dilatarne la potenza. Posso dire, con la dovuta delicatezza, che anche il popolo che per primo ascoltò questo messaggio — il popolo ebraico — porta nella sua storia questa spaventosa e meravigliosa caratteristica. La sua identità è così incrollabile che ha attraversato tutti i secoli e tutte le tempeste. Il bisogno della casa del padre è diventato anche un fatto politico. Hanno voluto il loro stato. Questo bisogno, se domina, diventa terribile. Ma c’è l’altra appartenenza — che d’altronde questo popolo ha mirabilmente diffuso nel mondo — alla famiglia umana, l’universalità messianica, il sogno di una umanità vissuta senza più differenze, Questo è vero di ogni cultura. Inseriamo in questo quadro antropologico, che oggi riemerge con forza e turba spaventosamente anche la nostra vita cittadina, il messaggio che oggi ci viene offerto. Qui abbiamo la rappresentazione della geometria conflittuale su cui si muove la nostra vita di fede. La prima linea è quella che ci conduce alla casa del padre, che ci dà il bisogno di separarci dagli altri. Lo dice Pietro: «È bello per noi stare qui. Facciamo tre tende».

 

Da “Gli ultimi tempi” vol.1 anno A

/ la_parola