6 Luglio 2025, 14° Domenica t.o.
Prima Lettura Dal libro del profeta Isaia Is 66. 10-14
Salmo 65
Seconda Lettura Dalla lettera di San Paolo ai Galati Gal 6, 14-18
Dal Vangelo secondo Luca Lc 10, 1-12, 17-20
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Anno dopo anno, non senza confusioni e incertezze e riluttanze, noi ci stiamo rendendo conto che l’annuncio essenziale di cui Gesù ha fatto missione ai suoi è quello della pace.
L’impressione che proviamo quando ascoltiamo o immaginiamo questi annunciatori di pace itineranti di città in città è che si tratti di un annuncio troppo inefficace nei confronti della legge che domina le città di tutti i tempi, specie le «città» del nostro tempo, che sono blocchi di paesi e per lo più blocchi militari: la legge della forza.
Ma come è difficile credere in Dio, perché Dio sembra impossibile in un mondo che va avanti senza tracce della sua provvidenza amorosa, così è difficile credere nella serietà di questo annuncio di pace.
Se io volessi sapere da uno se è cristiano, non dovrei chiedergli se crede in Dio; dovrei chiedergli: «Credi che sia possibile la pace? Una pace come quella che, con le immagini ridondanti e luminose che sono sua caratteristica, Isaia ci ha descritto? Questa città pacifica, piena di consolazione, in cui i bambini vengono accarezzati, in cui le ossa aride diventano fresche come l’erba, in cui cioè ogni limite umano è accolto nella solidarietà e nella consolazione comune, in cui la crescita umana è tutelata dalla coalizione dell’amore di tutti: è possibile questa città?».
Se uno dice no, vuol dire che non è un cristiano. Non può essere che l’annuncio della pace, nelle intenzioni di Gesù, sia un annuncio di illusioni. Eppure vi assicuro che è più difficile credere che un giorno ci sarà pace che credere che Dio esista. Ecco perché questo annuncio è oggetto di fede.
La parola fede, svuotata di sensi etici adeguati, equivale a sogno, attesa facile soprattutto per le coscienze inerti. Chi non fa, sogna. Chi non fa, crede.
Ma la parola fede, nella sua matrice evangelica, è tutto l’opposto: è un coinvolgimento totale in ciò che si afferma. Credere è fare.
Quindi l’elemento essenziale dell’annuncio evangelico è l’impegno perché venga la città della pace. Questo è essenziale.
Vorrei dire — usando anche un paradosso —: perfino se uno non crede in Dio, ma fa opere di pace, è nel solco del Regno. Gesù stesso ci ha detto di guardare alle opere, perché è dai fatti che saremo giudicati.
I figli della pace («Se in quella casa ci sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui») sono dovunque, ma sono una specie di popolo nomade senza precisa identità.
Ditemi un popolo pacifico: non esiste! Ditemi una città in cui si avveri la pienezza, la prosperità, l’amore e la solidarietà di cui parla Isaia descrivendo la Gerusalemme futura: non c’è!
Però questi figli della pace ci sono, ed essi dovrebbero essere soprattutto i cristiani.
Da “Il Vangelo della Pace” – Vol. 3, Anno C