7 Aprile 2019 – V DOMENICA DI QUARESIMA – Anno C

7 Aprile 2019 – V DOMENICA DI QUARESIMA – Anno C

7 Aprile 2019 – V DOMENICA DI QUARESIMA – Anno C

 

 Se io separo la fede dalla speranza e la fede dalla carità ho terribili cose. Ci sono uomini di grande fede senza carità che hanno ammazzato il prossimo per la loro fede. Se separate la fede dalla carità avete dei delinquenti sacri. Ed abbiamo avuto uomini di fede senza speranza che hanno combattuto ogni innovazione, ogni attesa dei poveri, in nome della loro fede.

 

PRIMA LETTURA: Is 43,16-21- SALMO: 125 SECONDA LETTURA: Fil 3,8-14- VANGELO:Gv 8,1 -11

 

…Chi si appoggi alle leggi, per quanto sante, per capire una persona viva non capirà nulla perché il giudizio che dobbiamo dare sulla vita dobbiamo darlo riferendoci ad una totalità, ad una pienezza che non è in nessun libro, nemmeno nel Vangelo. Se noi vogliamo risolvere i problemi della nostra vita prendendo il Vangelo nei suoi elementi letterali o nei suoi dati culturali – il diavolo, gli ossessi…– noi non comprendiamo nulla, rimaniamo prigionieri del passato. Se vogliamo spiegare i fatti che avvengono con schemi culturali del passato, siamo fuori della verità e siamo fuori dell’uomo. Gesù guardava una persona viva, i giudici di questa donna erano legati alla legge e non avevano amore per lei, volevano sopprimerla. Essi erano tutti peccatori, tutti chiusi in un peccato dove la discriminazione fra virtù e vizio viene fatta in situazioni di privilegio; un questo caso un maschilismo sacrale che proietta l’aggressività morale sulla donna ed è tollerantissimo sul maschio. È il peccato! Loro sono nel peccato. Gesù questa donna non la giudica, dice: «Và e non peccare più». La restituisce al suo futuro. Questa donna era sotto la pietra sepolcrale della legge che la condannava e Gesù la libera e la restituisce al futuro, al cammino della vita, al rischio di peccare ancora: insomma alla libertà. Proviamoci un momento solo ad abbandonare ciò che abbiamo imparato nelle formule del catechismo, dove si distingue la fede, la speranza e la carità, per ritrovare la radice dove queste tre parole non sono più dicibile perché sono una sola parola. Se io separo la fede dalla speranza e la fede dalla carità ho terribili cose. Ci sono uomini di grande fede senza carità che hanno ammazzato il prossimo per la loro fede. Se separate la fede dalla carità avete dei delinquenti sacri. Ed abbiamo avuto uomini di fede senza speranza che hanno combattuto ogni innovazione, ogni attesa dei poveri, in nome della loro fede. Non separate ciò che è unito! Nel loro profondo queste tre prospettive sono una cosa sola che non si dice: è questa tensione verso il futuro, verso la pienezza che non può essere capita se non si ha fede. Se ci si affida semplicemente alla capacità dimostrativa della ragione non si capirà mai il futuro. Non si capisce ciò che viene se non si ha la speranza. Ecco perché chi è ricco non capisce ed il povero capisce, Il ricco spera che non cambi nulla, il povero vorrebbe cambiare tutto: è una situazione privilegiata. Ecco perché i paesi della ricchezza sono conservatori: non vogliono cambiare il sistema del mondo. Per loro, che muoiano milioni di persone di fame è una piccola preoccupazione marginale, non è una preoccupazione da tener presente quando si va a votare. Il voto si dà perché si conservi la situazione che si ha, Ecco perché i ricchi non capiscono: «È più facile che un cammello passi da una cruna di un ago…» disse il Signore. E così se non si ha l’amore non si può sperare né capire. L’amore, la carità, è superiore ad ogni altra virtù perché è la radice misteriosa di cui stavo parlando. Chi ama, chi vuole liberarsi dalle angustie in cui è, chi vuole che tutta l’umanità partecipi alle gioie della vita, alla pace, alla fruizione dei doni della terra senza ingiustizie, costui spera e capisce. C’è allora una radice di fondo in noi, questa radice indicibile, corrispettiva alla verità – che anche essa non è dicibile – è il nostro mistero che noi capiremo nell’adempimento, nell’èscaton. Ecco perché la verità è sempre escatologica, riguarda cioè il compimento che noi vediamo solo di riflesso, per pertugi, per qualche piccola anticipazione ma non possiamo comprenderla. La verità è l’adeguazione della mente a ciò che è futuro. Nessuno conosce la verità. Essa si rivelerà, verrà e nel concreto già viene, se siamo in grado di liberarci del passato e protenderci verso il futuro. Queste possono sembrare divagazioni ma non è così, perché sono le premesse per riferirci all’esperienza che stiamo vivendo con la capacità di comprenderla e quindi di assolvere al suo interno le nostre responsabilità morali. A livello della morale quotidiana, tutta la codificazione che abbiamo ereditato dal passato riguardo al rapporto uomo/donna non serve molto perché era prevista una cosa nuova, che in questo caso è l’emergenza storica e spirituale di un nuovo soggetto che è la donna; non come integrazione del maschio ma come realtà a sé stante ed autonoma. Dove si trova scritto? È un evento della storia. Oppure che i popoli sottosviluppati potessero insegnarci in che maniera si fa una rivoluzione? Dove era scritto? Chi lo ha mai detto? Eppure è già sotto i nostri occhi. Le metodologie rivoluzionarie insegnate dai nostri grandi pensatori sono vecchie, sono scritte sui libri ma non servono. Forse coloro che non sanno nulla, che non hanno alle loro spalle secoli di pensiero filosofico sapranno insegnarci qualcosa. Già avviene…

 

Ernesto Balducci – da: “Gli ultimi tempi” – vol. 3 – anno C

 

 

 

 

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