7 Aprile 2024 2° Domenica di Pasqua

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Prima Lettura Dal libro degli Atti At 4, 32-35
Salmo 117
Seconda Lettura Dalla prima lettera di San Giovanni apostolo 1EGv 5, 1-6

Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 20, 19-31

 

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Le tre letture formano come un discorso unico, articolato, nel quale è
possibile vedere, come in trasparenza, la legge dinamica che governa
la storia dell’uomo e, in modo specifico e consapevole, la storia della
comunità di fede.
E molto importante ricongiungere la storia di questa comunità alla
sua sorgente per cogliervi il modulo normativo, nel confronto con il
quale essa deve giudicarsi e riformarsi costantemente. Il
momento sorgivo è quello in cui il Risorto dice ai suoi: «pace!». La
storia di questa comunità inizia con una parola che non è accidentale,
marginale, esornativa, è definitoria. Con questa parola, «pace a voi»,
è definita la comunità di fede. Una pace che è un dono, in quanto essa
ha senso solo per le coscienze che si aprono all’ulteriorità eterna, che
quando perlustrano il perimetro della loro esperienza finita, non
vivono solo nello smarrimento del non senso, ma hanno come un
contatto con un innominabile focolare. Questa fede nel Cristo risorto
è l’accesso ad un contatto in cui l’amore sussistente, ragione di tutte le
cose, getta sul nostro volto, un riverbero. Giacché ho toccato questo
tema, non posso passare oltre senza insistere che se un senso positivo,
creativo e irradiante ha la fede, lo ha perché essa attinge alla sorgente
di tutte le creature e sa che il vero nome di questa sorgente è
«amore». Questa è la fede impossibile, che deve farsi largo fra il filo
spinato dell’esperienza immediata per toccare il principio delle cose.
Questo principio delle cose si è fatto affabile, nel senso etimologico
della parola, quando ha portato il suo messaggio agli uomini: «pace a
voi». Una pace che è un dono in quanto è riconciliazione profonda tra
la creatura finita, proiettata nel tempo, chiusa nella parabola nascitacrescita-
morte, e l’esigenza di perennità, l’amore per la vita senza
termine, che è il tratto profondo della sua dignità e della sua stessa
disperazione.
Da “Il Vangelo della pace” vol.2 anno B

/ la_parola