7 Giugno 2015 – CORPO E SANGUE DI CRISTO – Anno B

7 Giugno 2015 – CORPO E SANGUE DI CRISTO – Anno B

7 Giugno 2015 – CORPO E SANGUE DI CRISTO – Anno B

 

 

Il corpo del Signore siamo noi, più che il pane e il vino. Paolo diceva: «il corpo del Signore che è l'assemblea», noi diciamo: «il corpo del Signore che è l’umanità».

 

 

PRIMA LETTURA: Es 24, 33- SALMO: 115 – SECONDA LETTURA: Eb 9, 11-15 – VANGELO: Mc 14, 12-16. 22-26

 

 

Potremmo leggera anche in questo declassamento liturgico della festa del Corpus Domini un segno del tempo. La festa fu inventata nel Medio Evo come occasione per celebrare collettivamente la fede cattolica in opposizione alle eresie eucaristiche che allora pullulavano. Era, in fondo, una festa trionfale, dove il significato intimo dell’istituzione eucaristica veniva assorbito e dissolto in significati più ideologicamente determinati. E così è rimasta anche nei nostri tempi: una festa pubblica dove alla fede semplice e autentica si mescolano, forse, istinti di potere e opportunismi politici. Il fatto che la festa sia stata riassorbita nel ciclo normale delle liturgie domenicali è in qualche modo una rinuncia a queste pretese ed è una occasione per riscoprire, al riparo da ogni suggestione estranea, il senso autentico del messaggio che abbiamo ascoltato. Come sempre, è molto importante rapportare al messaggio, recuperato nell'autenticità delle sue sorgenti, lo stato di coscienza in cui oggi ci troviamo. Quando sentiamo parlare di ‘alleanza’, di nuova ‘alleanza', di 'nuovo patto', siamo portati ad interrogarci su quelle che sono le condizioni irrinunciabili che si sono andate inscrivendo nella coscienza dell 'umanità, che deve essere un soggetto responsabile, capace di determinare, a proprio modo e secondo un moto interno di liberta, le proprie scelte. E mi sembra che nella coscienza dell'umanità, a questo punto del suo cammino, si siano inscritte alcune condizioni essenziali per una nuova potenziale alleanza. Ad esempio: la nuova alleanza non può essere affidata a nessuna chiesa e a nessuna religione in quanto essa è scritta nella creazione stessa. Il luogo in cui i termini dell'alleanza vanno decifrati è l'umanità stessa a questo punto del suo cammino storico in cui i suoi occhi sconfinano, oltre la barriera della terra negli spazi infiniti e in cui le divisioni del passato valgono soltanto come residuo di una barbarie massiccia, non hanno più nobiltà morale. Il secondo tratto e che questa alleanza deve essere sempre senza aspersione di sangue, né umano né animale, un'alleanza pacifica. Non è più pensabile un'alleanza basata sulla forza delle anni, sul giuramento fatto con la spada in mano come quello dei cavalieri medioevali. Deve essere un'alleanza di pace, altrimenti diventa un'alleanza di morte. E così deve essere un'alleanza di fraternità dove gli uomini seggano come pari attorno al medesimo banchetto e vivano condividendo i beni della terra. Indico alcuni segni che non sono frutti di una immaginazione docile alla utopia ma sono indicativi imprescindibili della coscienza collettiva; non ascoltarli vuoI dire perdere. […] Il corpo del Signore siamo noi, più che il pane e il vino. Paolo diceva: «il corpo del Signore che è l'assemblea», noi diciamo: «il corpo del Signore che è l’umanità». Dobbiamo aprirci all'universalità delle esigenze del tempo perché è qui che scriviamo la nuova alleanza Essa non è la ripetizione di una legge scritta. La debolezza che il cristianesimo deve accettare, col rischio altrimenti di non essere più se stesso, è di rinunciare a scriversi, a fissarsi. Allora avremo l'alternativa: o il Libro o l'uomo E questa alternativa è sempre a scapito dell'uomo. Il libro serve soltanto per rinnovare la memoria. Mentre nel Vecchio Testamento la tavola della legge sta prima del popolo, nel Nuovo Testamento il popolo sta prima del libro scritto Anche il Vangelo non che la memoria di un popolo che già viveva della fede. Il fondamento della fede non è il Vangelo scritto. Se noi rompiamo quest'ordine primordiale, smarriamo il senso di tutte le cose. Ecco perché – vorrei dirlo chiudendo – che c'era di valido, di significativo nelle antiche processioni noi lo possiamo recuperare in un senso profondamente nuovo e più autentico. In fondo, ciò che volevano dire i cristiani osannanti nelle processioni è che la fede non è una questione settaria, da angusta conventicola, ma è pubblica. La responsabilità che abbiamo come credenti investe l'universo intero e allora più che fare una processione contro qualcuno o una processione per suggestionare gli altri, noi entriamo nella grande processione dell'umanità che va verso il futuro. In quel futuro è imbandito il banchetto. Gesù non berrà più vino se non quel giorno. Ma sani, quello, un vino nuovo, sarà il vino della universale fraternità Fino ad allora Gesti è menomato, è deturpato, è deformato dalle nostre fedi parziali, dalle nostre ortodossie aggressive: Egli non beve vino. In questa astinenza, che è tristezza, noi vediamo riflettersi la tristezza della storia Non avremmo, a rigore, nessun diritto di fine le eucaristie. Un cristiano non ha diritto di sedersi a tavola e mangiare quando vicino a lui c'è chi sta morendo di fame. Che facciamo? Questi riti sospesi sulle cose, che non riflettono la drammatica realtà delle cose, a che servono se non a perpetuare una memoria e a pararci gli occhi dinanzi all'evidenza delle cose? Ecco perché noi facciamo questi riti con profondo senso di penitenza, che si paga con l'impegno a far sì che venga presto il tempo in cui non ci sia, come avveniva a Corinto, chi sta alla mensa e si sazia e chi invece soffre la fame….

Ernesto Balducci – "Il Vangelo della pace" Vol. 2 anno B

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