7 Maggio 2017 – 4^ DOMENICA DI PASQUA – Anno A

7 Maggio 2017 – 4^ DOMENICA DI PASQUA – Anno A

 7 Maggio 2017 – 4^  DOMENICA DI PASQUA – Anno A

 

Aggiungendo armi ad armi non arriviamo a rispondere all’appello, alla domanda «che dobbiamo fare?». Basare la sicurezza nella forza significa andare verso la catastrofe. 

 

 

PRIMA LETTURA:  At 2, 14a.36-41- SALMO: 22- SECONDA LETTURA:  1 Pt 2, 20b-25- VANGELO: Gv 10, 1-10

 

 

…Essere nella pace significa affrettare i tempi per eliminare, finché è possibile, tutte le strutture della violenza a cominciare da quelle dello spirito. Entro la comunità dei credenti, per esempio, non ha più senso scomunicare, condannare… Bisogna avere una grande fiducia nella coscienza e la coscienza non è altro che quella punta acuta dell’essere umano che vibra alla Parola di Dio quando la riconosce tale. Ogni altra fede che non si basi su questo spontaneo consenso non rende onore a Dio, anzi è bestemmia. Ogni forma di coazione, fisica o spirituale, o diretta o indiretta, è assolutamente lontana da questo ritmo di spontaneità reciproca che è la sostanza vivente della comunità umana. Una famiglia riesce davvero ad essere unita non quando il codice la minaccia ma quando la spontaneità la lega. Ogni altra unità ormai si sgretola. La vera famiglia che noi difendiamo è quella la cui legge è la spontaneità dell’amore. Così si dica della comunità umana. Che cosa vogliamo noi quando siamo contro le armi, quando siamo contro le guerre? Noi non vogliamo ingenuamente anticipare i tempi che ancora non ci sono – sappiamo che l’umanità è ancora feroce –, ma vogliamo che si utilizzino le condizioni storiche che mai si erano date nel passato: per esempio, quelle della reciproca conoscenza. Oggi – di questo va fiera l’umanità di questi anni – noi siamo arrivati a creare un reticolato informativo per cui nessun uomo è ignoto all’altro, siamo tutti come in un computer, vibriamo tutti dentro una stessa rete di reciprocità che è purtroppo ancora in mano al potere e non all’amore. Aggiungendo armi ad armi non arriviamo a rispondere all’appello, alla domanda «che dobbiamo fare?». Basare la sicurezza nella forza significa andare verso la catastrofe. Sono maturi i tempi perché si cambi rotta, perché si punti sulla spontaneità, sul consenso, sulla libertà, sul rispetto della coscienza altrui e sulla eguaglianza economica perché non ci sia tra di noi nessuno che abbia bisogno. . Fino a che nella comunità umana c’è qualcuno che ha bisogno e qualche altro che naviga nell’abbondanza c’è violenza interna. Né si tiene compatta la famiglia umana con le armi, anzi esse allargano il divario tra chi naviga nell’abbondanza e chi muore di fame. Queste cose sono di una evidenza assoluta. Noi dobbiamo predicarle: questo è il Vangelo. Il Vangelo non è – come dicevo all’inizio – uno stupendo miraggio per anime privilegiate che si isolano dal mondo e cantano alleluja, è un messaggio che colpisce il mondo nel cuore. Chi lo accoglie sa che si assume la responsabilità di modificare il mondo: per questo si muore crocifissi. Per i solitari che vanno via dal mondo, il mondo prepara oasi, li stipendia. Esso ha piacere che gli scontenti siano buoni e pensino all’al di là. Questo Vangelo è cominciato col sangue versato dal Maestro perché Egli ha preteso di dire una parola che vale per tutte le creature, da un confine all’altro della terra. Questa è l’universalità di pace che dal Vangelo traluce e che si condensa, così la sento nel messaggio di oggi, in un impegno alla mitezza, a non rispondere all’oltraggio con l’oltraggio – questo lo sanno fare tutti, è stato sempre fatto con i risultati che vedete – che non risponde con la violenza alla violenza – è antichissimo, questo metodo, e vedete dove ci porta –, ma risponde con la mitezza alla violenza, alla bruta forza col ragionamento dignitoso, fermo ai ritmi interni della coscienza morale. Lo so, questo significa scegliere vie deboli. Ma le altre sono forti? Vale più una coscienza che un megatone. Una coscienza è come la dinamite dell’universo che si muove secondo amore. Dobbiamo avere questa fede, resa più facile dal fatto che la storia che abbiamo alle spalle è un tale cumulo di errori, di cedimenti all’insegnamento di Satana, che è l’insegnamento omicida della violenza. Arricchiti da questa esperienza negativa, quando nel nostro intimo, ascoltando la Parola del Vangelo, anche noi diciamo: «che dobbiamo fare, o fratelli?» la risposta l’abbiamo già. Dobbiamo scegliere, in tutti i sensi e in tutte le dimensioni e in tutti i momenti, le vie della pace.

 

 

Ernesto Balducci – da: “Il Vangelo della pace” – vol. 1

 

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