9 Luglio 2023 XIV Domenica T.O.

9 Luglio 2023 XIV Domenica T.O.

9 Luglio 2023 XIV Domenica T.O.

 

Prima Lettura Zc 9, 9-10 Dal libro del profeta Zaccaria
Salmo Responsoriale (Sal. 144)
Seconda Lettura Rm 8, 9, 11-13

Dal Vangelo secondo Matteo Mt 11, 25-30

Il principio della mitezza è stato combinato col principio razionale della necessità della
forza, della guerra giusta, per cui il vangelo è rimasto svuotato di ogni significato storico,
è riuscito a spegnere un fuoco, a frenare un fucile, a buttare acqua nelle polveri. Non è
riuscito, perché lo abbiamo venduto agli intelligenti e ai sapienti. Ci siamo vergogmati
della mitezza, questa è la verità. E giusto che noi non vogliamo vivere diversi dagli altri,
è giusto esprirmere tutti i mezzi per poterci collegare con la comunità di cui facciamo
parte, ma questo processo può diventare un processo fatale, come suol dirsi, di
omologazione della nostra coscienza nella coscienza collettiva. E allora tutte le parole che
ci davano conforto e speranza vengono svilite e il sale diventa scipito e viene gettato per
la strada. Il sale evangelico non significa più nulla per la gran parte degli uomini.
Ritrovarci dalla parte di colui che non si impone mai con la violenza e il cui cuore è
accanto agli umili, vuol dire guardare con distacco critico questa realtà di cui facciamo
parte. Anche se siamo dentro a una società in cui la forza è un’amara necessità, noi
prepariamo un mondo in cui la necessità finisca. Questa è l’unica legittimazione. Certo ci
sono anche modi per cavarsela. Il primo di essi è voltare le spalle a questo mondo e
ritirarsi o sulle montagne o nel deserto, nel convento o nel gruppo spirituale,
considerando questo mondo perduto. Che è, come ho detto tante volte, la peggiore
deformazione della profezia evangelica. Noi siamo chiamati a entrare nella città, per
riprendere l’immagine un po’ arcaica ma eloquente dell’antico profeta, non sul cavallo ma
sull’asinello. Dobbiamo entrare nella città, non fuggire. Gesù entra nella città sull’asino,
non sulla cavalcatura regale, quasi per esprimere la sua ironia sulla città forte, ma
dobbiamo entrare. Dobbiamo portare questa nostra passione per una diversa sapienza, per
un diverso modo di regolare la convivenza umana, nel cuore delle istituzioni, non fuori,
per mettere dentro di esse il fermento del cambiamento. Questa è la vera tribolazione
della nostra coscienza. E chiunque ha questa passione per la diversità evangelica e la vuol
vivere dentro la città, nelle istituzioni, nella scuola, nella magistratura, sa quanto è
difficile non cedere all’asservimento alla sapienza costituita e vivere in costante conflitto
questa esigenza di un mondo diverso, in cui gli umili siano onorati, in cui gli archi di
guerra siano spezzati. Questo è il nostro compito reale. Un compito in cui non siamo mai
del tutto in regola perché ci troviamo sempre, per così dire, in peccato. In fondo anche
questa è, se riesco ad esprimermi senza scandalizzare, una forma di amore, l’essere
solidali anche con il peccato, l’essere peccatori con i peccatori. Avere le mani sporche è
una forma di amore: metterci in mezzo alle cose per cambiarle, non per tenercene fuori
con le mani in alto, perché questa è una forma di egoismo. L’estate è un periodo fatto
apposta per scoprire appunto questo meccanismo di violenza che avvolge tutto, anche il
momento ludico del divertimento e del riposo, non lascia uno spazio intatto, ma è sempre
più integrale. Man mano che noi scopriamo questo dominio crescente della violenza,
dobbiamo contrapporgli l’alternativa del Vangelo. Il cuore del Gesù di Nazaret è accanto
agli umili. Il momento della fede diventa anche un momento di speranza che ha
dimensioni che superano perfino la morte. Essa genera la solidarietà con gli umili. C’è
una storia dentro la storia. Non è un’invenzione della fantasia. Voi la scoprite giorno dopo
giorno parlando con questa o quella persona, la persona anziana, il bambino, il povero,
l’inerme, solitario, il tradito, tutta questa moltitudine di individui che io non rievoco a
scopo consolatorio ma per scoperchiare la realtà che costituisce il regno di Dio dentro
mondo. Siccome quello che sta avvenendo in questi ultimi anni è la confusione
progressiva di coloro che hanno rimesso la fiducia sull’arco di guerra, cioè sui mezzi forti,
sulle tecnologie forti, sulla potenza del mercato, siccome questi uomini sono sempre più
in confusione perché le loro regole non tornano più del tutto, noi dobbiamo avere
speranza anche per loro. Questa sapienza disprezzata, questa sapienza degli umili, dei
piccoli si farà strada. Comunque vadano le cose, quale che sia l’esito sul piano del
concreto, noi dobbiamo vivere così, perché questo è il giudizio di Dio che non va
mitizzato in trascendenti tribunali, ma va fatto circolare nella trama del nostro tempo e
dei nostri anni. Il giudizio di Dio è questa benedizione da parte sua su comportamenti che
riflettono la sapienza degli ultimi e degli umili. Questa maniera di vivere evangelica non
è evasiva, non è irrealistica, ma penetra alle radici delle cose, sta proprio nel fondo della
realtà, come un lievito nascosto.
Da “Gli ultimi tempi” vol.1 anno A

/ la_parola