FANFARE E POVERTA’ CULTURALE – Luciana Brandi (intervento al Giardino dei Ciliegi) – Novembre 2020

FANFARE E POVERTA’ CULTURALE – Luciana Brandi (intervento al Giardino dei Ciliegi) – Novembre 2020

Giardino dei Ciliegi, 15/9/2020

FANFARE E POVERTA’ CULTURALE

Luciana Brandi

Assumendo come contesto il quadro tracciato da Aldo, riparto dalle ultime parole, laddove parlava di una lingua fuori dal monolinguismo del liberismo egemonico e diceva che non c’è solo bisogno di competenza linguistica ma di una coscienza linguistica. A tal riguardo, dobbiamo fare una osservazione iniziale: la lingua, nel momento in cui denomina la realtà, gli dà senso e perciò diviene un’istruzione per come leggerla, ergo la lingua può non solo descrivere ma addirittura può istituire la realtà attraverso le visioni che ne crea e indurre comportamenti. Questo fa sì che la lingua, diventando costitutiva della realtà, diventi anche indistinguibile da essa e perciò risulti difficile oggettivarla. Però, per formare una coscienza, una consapevolezza linguistica, occorre essere capaci di guardare alla lingua come ad un oggetto di pensiero, e questa è un’abilità che si conquista con l’alfabetizzazione. Infatti può cominciare a svilupparsi dopo la terza elementare, ma non è detto che accada, giacché è un processo culturale; altre attività di tipo metà- come questa sono legate alla biologia evolutiva, come ad esempio la capacità di distinguere il proprio stato mentale da quello altrui – infatti tutti sanno mentire, eccetto gli autistici perché appunto nel loro disturbo è compreso anche un danno a questi componenti della mente umana – invece la capacità di adottare uno sguardo oggettivo nei confronti della lingua che usiamo è un portato della formazione culturale della persona, in particolare dell’esercizio sui testi scritti. E qui sta la difficoltà, l’ostacolo ad avere una consapevolezza linguistica diffusa, a sviluppare la capacità di una lettura critica su ciò che si legge o si ascolta.

Il proposito di questa parte del lavoro è di esaminare come funziona la lingua in quanto elemento di costruzione delle opinioni e del consenso nella comunicazione orale propria della campagna elettorale. Parlo di comunicazione orale prima che politica in quanto, come vedremo, si tratta di forme di discorso che sostituiscono al ragionamento e al progetto politico la semplice ricerca di una connessione emozionale con il pubblico cui sono destinate, sfruttando i sentimenti di paura e usando le modalità proprie della comunicazione pubblicitaria.  Fanno leva sugli aspetti emotivi per fare dell’atto comunicativo l’occasione di un consumo di significato che produce visioni della realtà sociale proprie dell’universo di valori che identifica il ‘prodotto’, nel nostro caso il prodotto Salvini. 

Sull’importanza degli stati d’animo già si era espresso il Rapporto Censis del 2018:  Le difficoltà economiche, reali o spesso percepite in modo eccessivamente negativo rispetto alla condizione concreta, sorreggono un disagio culturale, di identità, di senso. Ecco perché sono i dati sugli stati d’animo più di quelli macroeconomici a raccontare con maggiore efficacia e precisione le conseguenze nella quotidianità degli italiani, fatta di percorsi individuali bloccati, paura di perdere quel che si ha, crescente richiesta di protezione. Come conseguenza, la paura satura quotidianamente l’esistenza umana per effetto dei processi di globalizzazione che hanno frantumato i mezzi di difesa sociale tradizionali.  Lo Stato per quasi 9 italiani su 10 (l’88,6%) è considerato una sorta di “comparsa” (Rapporto Censis-Ugl del 1 maggio 2020 ) e questo ha alimentato un senso diffuso di sfiducia e di impotenza di fronte all’insicurezza del presente e all’incertezza del futuro. Il contesto è quello di una instabilità di fondo che rende tutto non sicuro, ma soprattutto non si è più capaci di coniugare il nome sicurezza con l’aggettivo sociale, anzi ci si è assuefatti a non legare l’insicurezza alla perdita dei diritti. Tutto ciò produce ed alimenta rancore e risentimento. Anche Fabrice Dubosc individua nel risentimento il fattore di compensazione delle disuguaglianze in quanto afferma che se «il fattore socio-economico della disuguaglianza è sotto gli occhi di tutti», non è altrettanto visibile «la perversione sottile che mantiene lo status quo della disuguaglianza e la compensa attraverso l’inflazione del risentimento». Parla inoltre di psicopolitica, definibile «come una forma di adesione ipnotica ai dettati della propaganda che produce una manipolazione delle opinioni agendo su campi emotivi complessi». La politica neoliberista punta ad influenzare le emozioni suggestionabili per meglio gestire il controllo psicopolitico dell’individuo, di fatto manipola le emozioni per creare una comunanza ideologica – «ad un tempo astratta e passionale» – con l’obiettivo reale di nascondere le disuguaglianze.

Quali sono gli elementi linguistici, quali le risorse discorsive, che risultano funzionali a creare e consolidare quella che il Censis 2019 ha descritto come una «società ansiosa di massa macerata dalla sfiducia», quali sono cioè quei topoi e stereotipi legati a credenze tradizionali, che risultano funzionali a produrre interpretazioni condivise della realtà.  

In primo luogo la tensione sociale, le difficoltà, il senso di impotenza e la mancanza di prospettive rendono le persone disponibili all’idea del capo autoritario, all’attesa dell’uomo forte che tutto risolve. Secondo il Rapporto Censis 2019, il 48% degli italiani dichiara che ci vorrebbe un «uomo forte al potere» che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni (e il dato sale al 56% tra le persone con redditi bassi, al 62% tra i soggetti meno istruiti, al 67% tra gli operai). Anche il Rapporto Censis 2019 ha confermato l’esistenza di pulsioni antidemocratiche: oggi solo il 19% degli italiani parla frequentemente di politica quando si incontra, il 76% non ha fiducia nei partiti (e la percentuale sale all’81% tra gli operai e all’89% tra i disoccupati), il 58% degli operai e il 55% dei disoccupati sono scontenti di come funziona la democrazia in Italia.  Cresce il populismo, che  oppone il popolo alle élites, la società al sistema politico, afferma un rapporto diretto, quasi carismatico, fra leader e popolo, non mediato da alcuna organizzazione, rifiuta la democrazia rappresentativa e fa risorgere l’attesa dell’uomo forte al potere. L’identificazione tra forza politica e leader appare evidente tanto nella grafica pubblicitaria quanto nell’incessante presenzialismo dei leader nei comizi di candidati e candidate. Inoltre per manipolare le impressioni che si vogliono suscitare sugli altri viene scelto intenzionalmente il modo di presentarsi, diventa quasi la forma di una rappresentazione, nell’ambito della quale l’aspetto esteriore gioca una parte di grande rilievo, con l’ostentare certi aspetti dell’immagine di sé o il trasgredire certe norme ad esempio non indossando gli abiti previsti (es. le felpe nell’inverno e le t-shirt nell’estate di Salvini).

In secondo luogo, l’eccesso di paura ha bisogno di trovare uno sfogo, un qualcosa o qualcuno cui dare la responsabilità di quella paura, perché allora il ragionamento diventa semplice, togliendo di mezzo questo qualcosa o qualcuno, la paura svanirà, occorre perciò creare un’alterità su cui addensare l’ostilità; niente di più facile, ci sono i migranti (Salvini a Voghera, 31 agosto 2020) https://www.youtube.com/watch?v=hAFlwcKkKEY):

 

perché uno dice è un problema di Lampedusa no occhio ragazzi il problema di Lampedusa tra un mese, e io ci scommetto, diventa anche un problema di Voghera perché questi hanno riaperto i porti e stanno spargendo per tutta Italia il problema che stanno creando ai siciliani, problema economico, problema sociale, problema di salute 

Già il Rapporto Censis 2018 parlava di sovranismo psichico: la paura si focalizza in odio e questo odio diventa la leva cinica di un riscatto presunto, chiude la persona in un sovranismo psichico che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, dispiegandosi in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare e disperata, ma non più espressa nelle manifestazioni, negli scioperi, negli scontri di piazza tipici del conflitto sociale tradizionale, quei mezzi di difesa sociale che sono stati frantumati dai processi di globalizzazione. La persona si chiude nella difesa del proprio presunto spazio vitale, che identifica non più con la nazione in senso tradizionale ma con l’identità nazionale, la nazione è ormai riformulata in termini identitari. Perciò le diversità degli altri sono percepite come contaminazioni e pericoli da cui proteggersi, producendo comportamenti di segregazione: xenofobia, e razzismo si mescolano al populismo, si concepiscono spazi di esclusione che hanno lo scopo di tenere fuori gli indesiderabili e di rafforzare l’esistenza di quelli che ci stanno dentro. Indimenticabile al riguardo l’uso virale dell’intervento di Giorgia Meloni sul global compact (https://www.youtube.com/watch?v=8lpxdcW3aj0), come pure lo slogan leghista PRIMA GLI ITALIANI. Precise strategie comunicative, dalla semiotica del corpo alle scelte oratorie, sono dirette a capitalizzare la paura e questo odio

La manipolazione del consenso inizia con l’impoverimento del linguaggio, che è la premessa per la capitalizzazione della paura in odio ed il suo addensarsi sulla ricerca del capro espiatorio. «Nella dialettica tra lingua e ciò che dà forma al nostro sentire quotidiano le parole brutte imbruttiscono così come un sentire brutto imbruttisce le parole». Appaiono dolorosamente attuali le preoccupazioni espresse da Vittorio Emanuele Orlando nel suo intervento alla Consulta del 9 marzo 1946, che si disse preoccupato per il consolidarsi di costumi linguistici anti o non democratici, quali l’invettiva personale, l’intolleranza e la demagogia e per la facilità con cui questi modi si erano trasmessi come un «contagio mentale» cosicché «espressioni e metodi continuano ad essere fascisti». Oppure, come dice Marco Pratellesi, i politici hanno adeguato il proprio linguaggio a quello pervasivo del social media bar, dove contano lo slogan, la battuta pronta e l’aggressione verbale, non la logica del ragionamento. Così, l’informalità del linguaggio della conversazione, assertivo e scevro da problematizzazioni, è penetrato nella politica coniugandosi alla rivendicazione del proprio bene come diritto rabbioso a far fuori il nemico: l’enfasi della propaganda su una minacciosa alterità, non solo razziale, attiva difese che in nome del principio di autoconservazione in realtà contemplano la possibilità dell’annientamento dell’altro.

Il processo di creazione di una alterità minacciosa è infatti esteso: si tratta di raggruppare grossolanamente i soggetti in un noi e in un loro, dove la contrapposizione linguistica noi / loro allude a gruppi presentati come omogenei e alternativi gli uni agli altri, non solo per caratteristiche ma anche per interessi. Formando questi gruppi, si generano processi di costruzione identitaria e quindi di inclusione, esclusione e marginalizzazione sulla base ad esempio di differenze – presentate come inconciliabili – di religione, etnia, razza, colore della pelle, sesso,  ecc. Massiccia è la presenza di pronomi e aggettivi dimostrativi (questi, quelli, ecc. ) pronomi e aggettivi personali (noi, voi, loro/ nostro vostro, loro) dove il gruppo loro è di solito indicato come una minaccia, un pericolo, il noi ha sempre una connotazione positiva e una compattezza semantica mai messa in discussione, come se la costruzione di un soggetto plurale fortemente identitario fosse data per acquisita. Dunque è un linguaggio senza sfumature e dove l'enfatizzazione dei contrasti e delle contrapposizioni amico/nemico è fatta per creare dicotomie e polarizzazioni funzionali all'individuazione di un bersaglio collettivo (il nemico) e, specularmente, alla creazione di solidarietà di gruppo (l’amico).

c’è da vivere una avventura straordinaria in regione toscana perché per la prima volta dopo 50 anni il centro destra è unito e di là hanno una paura del diavolo, quindi non vedo l’ora di mandare a casa Rossi, Giani, Renzi (Lucca 23 giugno 2020 https://www.youtube.com/watch?v=tVy1V6Rd0SY

quelli del PD c’hanno i soldi per far gli impianti noi non ci abbiamo i soldi ma ci abbiamo voi  (Empoli 8 agosto 2020 https://www.youtube.com/watch?v=IAw6_3oLSaI)

Sull’ultima citazione potremmo fare anche un po’ di legittima ironia pensando ai famosi 49 milioni di euro evaporati dal partito leghista e dai recenti indizi di recidive truffe finanziarie. Nel gioco dei gruppi contrapposti, l’aspetto emotivo-passionale risulta ancor più sollecitato perché si afferma –  e questa è una delle risorse discorsive più impiegate – che nelle scelte  non c’è nessuna valenza ideologica. Ad esempio,  nel presentare il candidato al comune di Trento (3 settembre 2020), in apertura del comizio Salvini dice: 

La scelta non sarà una scelta ideologica quella della splendida comunità di Trento del 20 settembre, poi  ci sono alcune differenze in democrazia, uno sceglie di qua o sceglie di là ma non per ideologia  (https://www.youtube.com/watch?v=I284w4GV120). 

Su questa linea si può anche esagerare senza rendersi conto di rasentare il risibile, come fa la candidata alle elezioni reginali della Toscana, Susanna Ceccardi, che nella trasmissione televisiva “In onda” su La7 per svuotare di ogni portata ideologica l’appellativo di sovranista dichiara: È la Costituzione stessa ad essere sovranista.  Credo non ci sia bisogno di commentare. Da una occasione oratoria all’altra si stabilizza ormai il topos negazionista di ogni ideologia che libera da ogni simile macchia la scelta leghista, meglio che un ammollo nella candeggina, perciò sono solo loro a cercare connotati ideologici che non ci sono, perché ci si riconosce esclusivamente come italiani, con l’asse del nazionalismo ormai spostato sull’identità nazionale:

nella Toscana ci sono tante cose da cambiare non sarà una partita destra sinistra a cercare i fascisti dove non ci sono, sono solo quelli là, qua oggi ci sono gli italiani orgogliosi di essere italiani e per me andare a processo il 3 ottobre perché ho bloccato sbarchi ho difeso il mio paese [difficoltà microfono, la folla urla MATTEO MATTEO  per coprire i momenti di difficoltà]  (Empoli 8 agosto 2020 https://www.youtube.com/watch?v=IAw6_3oLSaI)

Altrimenti con la tecnica del rovesciamento, si attribuiscono agli avversari, gli altri da noi, le proprie caratteristiche :

 per la prima volta in 50 anni c'è una squadra unita un centrodestra unito di là sono divisi sono litigiosi sono arrabbiati ce l'hanno col mondo e noi alla loro rabbia rispondiamo col lavoro col sorriso perché non val la pena perdere tempo ad arrabbiarsi (Forte dei Marmi, 6 luglio 2020 https://www.youtube.com/watch?v=m1atCC2ytAo). 

Di fronte alla costruzione di blocchi identitari omogenei e contrapposti l’esito eversivo nei confronti dell’assetto istituzionale e della rappresentanza democratica è la naturale conclusione, e si esprime nello stilema del chiamare alle barricate: 

io vi do la promessa, la mia parola, che se il PD a Roma porta in Parlamento la proposta di azzerare quota Cento e di tornare a quella schifezza che è la legge Fornero facciamo le barricate dentro e fuori dal Parlamento (Trento, 3 settembre 2020 https://www.youtube.com/watch?v=I284w4GV120)

Se ci date una mano col voto del 26 gennaio glielo impedisco con le buone o con le cattive, facciamo le barricate dentro e fuori il Parlamento 

(Piacenza, 14.01.2020  https://www.youtube.com/watch?v=SOi7qqm8SAc)

tu accendi la televisione e vedi Conte Renzi e Di Maio che promettono il mondo e ci sono ancora 1 milione di lavoratori senza cassa integrazione MANDIAMOLI A CASA [pubblico] eh anche domani   TUTTI A ROMA [pubblico ] poi guarda noi stiamo combattendo in Parlamento […]

poi a Roma perché si combatte in Parlamento che se voi sentite Conte e i suoi ministri dire bisogna lavorare con le opposizioni balle fino ad oggi hanno bocciato tutte le nostre proposte zero, noi andiamo avanti se non ce la facciamo noi dal parlamento chiederemo l’aiuto a voi fuori dal parlamento perché l’Italia non può morire 

(Lucca, 23 luglio 2020  https://www.youtube.com/watch?v=tVy1V6Rd0SY)

Ad avvalorare la morte ormai delle ideologie quale cifra delle scelte di voto, ecco allora spuntare la narrazione aneddotica: Salvini cita sempre qualcuno che, avvicinatolo, gli ha dichiarato sostegno e voto pur essendo sempre stato un elettore di sinistra. È il mezzo retorico della fallacia aneddotica (fare riferimenti a persone e fatti non verificabili) combinata con la tecnica pubblicitaria del contagio dello spettatore. Il presupposto della comunicazione pubblicitaria è che la società ‘si specchia’ nei discorsi che la raccontano, e in tal modo si modifica. L’obiettivo pertanto è di costruire una forte sintonia comunicativa con i consumatori appartenenti al segmento di mercato prescelto facendoli ‘specchiare’ in loro simili da imitare. Allora, si punta sull’insieme di conoscenze che costituisce la fisionomia dell’elettore di sinistra, e su questa enciclopedia locale, che appartiene alla cultura dei consumatori del voto a sinistra con tutti i suoi stereotipi, il pubblicitario Salvini estrae i materiali attraverso i quali può costruire un’immagine e un’identità che consenta ad ogni messaggio di raggiungere l’obiettivo: far specchiare la gente in loro simili da imitare. Si veda come esempio il comizio a Trento del 3 settembre: 

stamattina eravamo a Bolzano […] in tanti dopo l’intervento, perché dopo io mi fermo ad ascoltare a salutare a stringere la mano  a tutti, in tanti mi stanno dicendo in queste settimane di incontri in tutta Italia da nord a sud Matteo ti confesso una roba, io vengo da una famiglia che ha sempre votato a sinistra, di tradizione operaia, di tradizione contadina, ieri ho fatto la foto con un delegato a Brescia della Fiom, delegato di fabbrica della sua fonderia della Fiom, che però era in piazza ad ascoltarci e per me è la ricompensa migliore però mi ha detto io ho votato per una vita a sinistra ma il PD è quello che mi ha chiuso nella gabbia della legge Fornero e la Lega mi ha liberato dalla gabbia della legge Fornero quindi tanti saluti al PD tanti saluti alla sinistra (https://www.youtube.com/watch?v=I284w4GV120)

Ulteriore mezzo retorico usato è quello della cosiddetta fallacia non sequitur, vale a dire vengono giustapposti due enunciati che non sono in rapporto di causa effetto ma che lo sembrano per il solo fatto di essere accostati, come quando nel comizio di Forte dei marmi accosta i mancati finanziamenti agli alluvionati con i monopattini elettrici: pensare che abbiamo proposto di destinare dei soldi ai comuni terremotati e alluvionati ma non hanno trovato soldi per i comuni terremotati e alluvionati ma hanno trovato 140 milioni di euro per i monopattini elettrici costruiti in Cina (https://www.youtube.com/watch?v=m1atCC2ytAo ). Ma interessante inoltre è la pratica della riscrittura delle narrazioni, come quando a Trento ribalta la definizione del migrante tentino, asserendo che erano persone che andavano a portare lavoro, e la contrappone ai soliti stereotipi del migrante contemporaneo:

io non permetto mai a nessuno di dire eh Matteo ma adesso dobbiamo far arrivare tutti a Trento e in Italia perché anche i trentini sono emigrati, no amico mio, perché i trentini hanno portato del lavoro fatica sudore passione e rispetto e nessuno gli ha mai regalato trentacinque euro al giorno o la nave da crociera o il letto in albergo a tre stelle, i trentini si facevano un mazzo così per andare a lavorare in giro per il mondo, altro che  

(Trento, 3 settembre 2020 https://www.youtube.com/watch?v=I284w4GV120)

O come quando riscrive la propria autobiografia, in particolare risemantizza le ben note vicende della moto d’acqua col figlio nel modo seguente: l'anno scorso mi han rotto le scatole eh Salvini va con suo figlio in Romagna come se andare in Romagna fosse una roba da delinquenti (Forte dei marmi, 6 luglio 2020 https://www.youtube.com/watch?v=m1atCC2ytAo)

In questa ripetuta riscrittura del reale, il posto assegnato alla donna appare più nettamente nei social, che qui però non esaminiamo, perché è nella rete soprattutto che si scarica talvolta con parole di una violenza inaudita la denigrazione e l’odio. Nei comizi talvolta il leader affianca e ‘protegge’ candidate donne, quindi diverso deve essere il linguaggio: entro un contesto in cui apparentemente sposta l’attenzione dal genere alla persona, puntando dunque ad opacizzare anche in questo caso ogni traccia ideologica, la donna resta sempre quella che ha bisogno del riconoscimento maschile per esistere : 

noi scegliamo candidati donne non in quanto donne, io non credo alle quote ma in quanto persone in gamba le donne non hanno bisogno delle quote come i panda, hanno bisogno di essere riconosciute quando sono brave 

(Forte dei Marmi, 6 luglio 2020 https://www.youtube.com/watch?v=m1atCC2ytAo)

Altrimenti gli accenni alla libertà femminile a gestire il proprio corpo sono strumentalmente inseriti nel contesto della sicurezza personale e piegati a costruire una lettura esclusivamente razzista  dei fenomeni:

La sicurezza, girar sicuri per Trento, non è di destra o di sinistra, io vorrei semplicemente che in questa splendida città una ragazza potesse uscire all’ora che vuole nel quartiere che vuole vestita come vuole senza avere nessuna preoccupazione, e se vuole mettere  la minigonna mette la minigonna senza che qualcuno si senta legittimato a farsi idee strane perché al mio paese si usa così, se al tuo paese si usa così torna al tuo paese e fai quello che vuoi (Trento, 3 settembre 2020 https://www.youtube.com/watch?v=I284w4GV120)

Infine, i tratti del comunicatore Salvini sono quelli del leader che cerca di azzerare apparentemente la distanza fra lui e pubblico, inserendosi nella quotidianità stessa dei suoi interlocutori. Da populista, afferma un rapporto diretto col popolo, dove ogni traccia di organizzazioni intermedie tipiche della democrazia rappresentativa è dipinta come un inutile ingombro. Come politico che assume il tono della conversazione da bar, satura il proprio mondo con quello del pubblico riducendo ostentatamente le distanze, sorride, fa battute ironiche, al linguaggio formale e tecnico preferisce il cosiddetto parlar comune, alterna la ribalta, necessaria per essere percepito come celebrità, ai luoghi della vita quotidiana. Salvini traccia il proprio rapporto amicale col pubblico con l’appellativo fisso «ragazzi» con cui si rivolge al suo uditorio, talvolta si interrompe nel comizio per dialogare col pubblico, 

vedrò di essere breve, perché già me l’han detto, molti di voi per essere qua han preso permesso dal negozio dall’azienda dalla scuola, e quindi facciam veloce anche perché [voce indistinta dal pubblico] c’è qualcuno che ha bigiato? [idem] cosa c’era alla prima ora? [idem] storia? Ma beh dai salutami la prof quando entri eh [idem] è comunista? [idem] ah che strano capita mai, capita mai, non dirle che eri qua però dille che hai perso l’autobus se no se no ti interroga e ti da tre ragazzo [idem] ne vai fiero? Un applauso! 

(Piacenza 23 gennaio 2020 https://www.youtube.com/watch?v=qI7bBI58QMQ

introduce notizie legate alla sua vita privata per creare un circuito di familiarità con il destinatario – fa sovente riferimento a sua figlia cui ha detto di doversi assentare per andare a salutare gli amici (versione data per l’andare a fare il comizio) – dà un’immagine di sé come persona qualunque, per esempio nel citato comizio di Piacenza del 14 gennaio, al grido di una persona del pubblico: sei il migliore, lui risponde subito: non sono il migliore sono un cittadino normale. Delle cose che dice sottolinea che si tratta di un ragionamento da padre di famiglia normale, che parla non da senatore ma da papà (ad es. nel comizio di Lucca citato riferendosi alla scuola), introduce formule che danno a quanto dice la garanzia dell’educazione e dell’etica perché vengono dalla famiglia come universale fonte di giustezza: la mia nonna mi ha insegnato, la mia mamma mi ha insegnato

Sono discorsi che si ripetono uguali a loro stessi, di luogo in luogo, pronunciati con il paternalismo del leader che si atteggia a pari, e in modo da sollecitare al massimo la parte emotiva del cervello dell’ascoltatore. Che questo abbia effetto lo si evince dal modo in cui gli ascoltatori si fanno volentieri comprimari del gioco discorsivo avviato dal capo (Piacenza), come applaudono anche alle più evidenti falsità (i soldi di Empoli e la Romagna di Forte dei marmi), come rispondono alle sollecitazioni urlando slogan eversivi (Empoli), come assorbono la violenza delle parole e dei contenuti. Sono forme discorsive che attraggono un pubblico di individui atomizzati, ‘consumatori’ impoveriti e isolati che non sanno più leggersi come attori della dimensione sociale. I discorsi violenti si integrano così nella quotidianità, diventano normali, si irradiano e contaminano la percezione collettiva del mondo, alimentando un sentire diffuso che rende legittimo ogni sopruso. Le emozioni sollecitate sono emozioni primitive, direbbe Panksepp, come lo è la paura; sono queste emozioni, lasciate senza freni, a creare continui filtri alla conquistata cognizione e al prodursi della consapevolezza linguistica di ciò che si ascolta, a sostituire l’empatia sociale con la diffusa paura dell’altro da sé, a far sentire legittime le forme passate di una violenza che sembrava ormai superata.

 

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