GREEN BORDER

GREEN BORDER

Il film tratta la tragica odissea degli emigrati che arrivano in Bielorussia convinti di poter passare facilmente in Polonia e poi invece diventano l’indifeso oggetto delle rappresaglie tra i due Paesi. Nella foresta c’è una gravissima sospensione dei diritti dell’uomo. Un territorio di nessuno in cui “gli intrusi” vengono letteralmente (!) fatti rimbalzare, respinti da una parte all’altra senza che nessuno se ne occupi. 

Green Border (Zielona granica il titolo originale) è uno di quei film mossi da uno spirito politico e di denuncia che sanno parlare attraverso le immagini, per instillare una ribellione allo spettatore. Si può pensare di esserne immuni, abituati in qualche modo alla retorica necessaria a raggiungere l’obiettivo. Lo si guarda pensando già dai primi minuti di aver individuato le strategie che la regista Agnieszka Holland userà per convincerci della sua tesi (sempre che ce ne sia bisogno). E invece, Green Border è un’esperienza da cui si esce travolti, anche se si conosce per filo e per segno i problemi trattati. Mette in ginocchio per la potenza con cui lo fa. Usa il bianco e nero e un crudo realismo. Gira una storia di migrazione dalla Siria all’Europa. Una che ne rappresenta molte. 

E dopo aver mostrato quanto poco valgano le vite umane per i soldati dei due confini, racconta invece le storie di chi, in Polonia, cerca di aiutare concretamente chi finisce in quella trappola micidiale. Eppure, è proprio questa scelta di campo a offrire allo spettatore gli elementi per capire e interpretare quello che vede sullo schermo, come quando i figli di un polacco “allergico” al regime e i tre giovani africani che hanno aiutato dimenticano tutte le barriere. Per parlare 1a stessa lingua musicale mentre i loro ritratti annullano le differenze di razza e di censo. Che il finale sull’arrivo dei migranti ucraini suggella senza bisogno di parole…La prospettiva della pellicola è su di loro. Il film con il suo zoom su queste vite, racconta però in grande la fragile politica dell’Europa. Nei dialoghi delle persone intravediamo l’effetto della propaganda, identifichiamo le paure che paralizzano nelle azioni umanitarie, nel potente finale arriva un colpo netto contro il relativismo dei valori democratici. Sbandierati, mai vissuti con coerenza. L’intenzione del film è chiara: provocare un pensiero critico attraverso un’esperienza viscerale. Conosciamo queste storie dalle cronache. Green Border vuole mettere al centro dell’agenda l’umanità, di qualsiasi colore sia.

 

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