INTERVISTA A BENIAMINO DEIDDA
di Giovanna Checchi
Per commentare più approfonditamente il contenuto del libro Disobbedienza profetica, scritto assieme a Tomaso Montanari (Edizioni Gruppo Abele, 2023), già alla seconda ristampa, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Beniamino Deidda, che fa parte del comitato scientifico della Fondazione Balducci. La conversazione, molto piacevole e stimolante, è qui sinteticamente riportata.
La stagione splendida di sacerdoti come Padre Balducci, Don Milani, Don Borghi che cosa ha lasciato dietro di sé nella Chiesa di oggi?
“In effetti a Firenze si è registrata a partire dagli anni del dopoguerra fino agli anni Settanta una fioritura di personaggi fuori dell’ordinario, sia sacerdoti che laici tra i quali non c’era solo La Pira, che comunque era il personaggio di maggior spicco e di indubbio fascino intellettuale. A un primo esame, dopo questa stagione, sembrerebbe che non ci sia stato più nulla. Ma non è esattamente così.
Nell’antologia pubblicata con Montanari non avevamo spazio per fare altri nomi e far conoscere altri testi, ma non possiamo certamente dimenticare figure come Padre Giovanni Vannucci e Don Luigi Rosadoni, e altre ancora, da Don Renzo Rossi fino a Don Renzo Fanfani. Poi ci sono stati altri preti operai come, per esempio, i versiliani della zona di Viareggio, tra i quali vorrei ricordare don Beppe Pratesi, recentemente scomparso, una figura particolare e certamente importante di quella stagione. Altri di quel formidabile gruppo sono ancora vivi.
Certamente per comprendere bene la fioritura dei vari fenomeni della realtà ecclesiale fiorentina non si può prescindere dall’insegnamento all’interno del Seminario che è stato fondamentale (con Monsignor Enrico Bartoletti prima e poi con Don Gino Bonanni dal 1958 al 1964, anno in cui fu destituito). Dopo di loro è venuta a mancare la semina. I forti contrasti politici hanno creato dibattiti, all’interno di un tessuto molto vivace. Nel mio libro Basta un uomo. Bruno Borghi. Una vita senza padroni, edizioniPiagge, 2021, ho messo in luce tutti questi fermenti che si sono venuti a creare intorno al 1968.
Un’altra ipotesi che potrebbe giustificare la mancanza attuale di sacerdoti impegnati è che il periodo del Cardinale Florit, essendo stato di repressione dura, abbia in gran parte scoraggiato numerosi sacerdoti ad assumere posizioni scomode”.
Ma non sarà stata anche la trasformazione della società civile, sempre più consumista e tecnologica, ad aver appannato l’impegno dei sacerdoti negli ultimi decenni?
“Sono convinto che dove c’è repressione c’è ribellione. Dove c’è schiavitù viene fuori anche Spartaco. Questo, da un lato mi porta a dire che specie dentro la Chiesa maturano talvolta fermenti ed intuizioni che per un certo periodo non trovano sbocco. Dall’altro penso che, a ben guardare, anche dopo quella straordinaria fioritura di preti, c’è stata qualche voce isolata ma misteriosamente profetica”.
I movimenti nati prima del Concilio Vaticano II avranno in qualche modo sostituito o supplito il lavoro dei preti di frontiera e contemporaneamente stimolato la Chiesa a modificare qualcosa?
“Può essere che l’avvento dei tanti movimenti abbia contribuito a ridimensionare il ruolo svolto dai preti nelle parrocchie o a interferire sulle scelte della Chiesa ,ma con certezza non si può affermare. Di sicuro la società è cambiata. Cosa è rimasto della lotta di classe? Oggi non c’è più la classe operaia di un tempo, intesa come soggetto sociale. Le ultime generazioni di sacerdoti che attualmente hanno tra i trenta e i quarant’anni sono molto disciplinati, allineati con la Chiesa. Uno come Don Borghi non si ritrova più, al di là della sua caratura, perché non è facile vedere preti oggi che si sporcano le mani con i poveri. A proposito di Don Borghi, che amava definirsi “operaio prete”, e di altri come lui, si trattava di persone di forte spiritualità. Mi piace ricordare che spesso l’ho accompagnato all’Eremo delle Stinche ad incontrare Padre Giovanni Vannucci. I loro incontri erano di pochissime parole. Preferivano stare in silenzio, eppure comunicavano intensamente. I loro sguardi erano eloquenti: sembravano talmente sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, che ogni parola sarebbe sembrata superflua”.
E Padre Balducci, secondo te, cosa direbbe sulla situazione attuale di questo villaggio globale?
Beniamino ci sorride e ci guarda, con il suo sguardo intelligente, continuando a bere il caffè.
Comprendiamo che la domanda resterà senza risposta, perché se è difficile comprendere una figura profetica da viva è impossibile calarla nella nostra realtà attuale a oltre trent’anni dalla sua scomparsa.