L’Omelia dei ragazzi

L’Omelia dei ragazzi

 

         

                   L’OMELIA DEI RAGAZZI

 

 

 

 

 

Fino al 1988 la messa di Natale della Badia Fiesolana veniva celebrata, come ogni altra festa, solo alle 11 della mattina. La messa di notte, della vigilia, si celebrava invece nella Piccola Cappella attigua all'Emeroteca, era presieduta da Padre Balducci, vi partecipavano i padri della Comunità che non avevano impegni altrove e un gruppo di amici che di anno in anno andava aumentando di numero.

 

La vigilia di Natale del 1988, per un insieme di circostanze occasionali, come la presenza di numerosi ragazzi dei gruppi catechistici e dei loro genitori, fu necessario trasferire la celebrazione della messa alla Badia per l'insufficiente capienza della cappella. I partecipanti si disposero nelle panche del transetto e i ragazzi si sedettero sulla pedana attorno all'altare.

 

Da questa atmosfera di familiare intimità, dove bambini e ragazzi avevano una parte preponderante, nacque in Padre Ernesto l'idea di improvvisare la sua omelia rivolgendosi direttamente a loro. La trascrizione non fu divulgata: lo facciamo oggi offrendola alla Comunità come dono di Natale e come esempio della capacità di Padre Balducci di rivolgersi anche ai 'piccoli'  

 

25 dicembre 1988 – Messa di Mezzanotte

 

 

Forse per i ragazzi di oggi riesce difficile immaginare che cos'era per noi, quand'eravamo ragazzi, questa messa di Natale della notte. Il sistema di vita era diverso, i costumi pia semplici, le tradizioni più forti e i simboli che parlano al cuore e alla mente più trasparenti. Oggi anche le notti sono diventate luminose e i ritmi della natura sono stati sopraffatti dai ritmi della tecnica e quindi la messa di Mezzanotte ha un che di artificiale. In qualche modo, e attraverso queste tradizioni, era anche facile percepire, più che con l'annuncio della parola di Dio, vorrei dire con lo stesso ritmo dei costumi, delle abitudini, dei simboli, il messaggio semplice del Natale.

Oggi, che quell'insieme di tradizioni ha perso di forza, di incidenza, abbiamo però il vantaggio – e i ragazzi, leggendo la Scrittura han dato il segno di questo cambiamento – di vivere questo mistero riferendoci direttamente all'annuncio di Dio, alla Parola di Dio e si può fare a meno di tutte le tradizioni perché la Parola del Signore é un messaggio perenne che varrà anche quando tutte le altre parole si saranno estinte.

Volevo, ai ragazzi in particolare ma a tutti noi – che poi se ci collochiamo nella giusta posizione ritorniamo tutti ragazzi – volevo dire: ecco qual é questo messaggio cosi come é stato espresso dalle letture che abbiamo tutti ascoltato. Che vuol dire che colui che noi chiamiamo Figlio di Dio sia nato in una mangiatoia? Cos'è, forse soltanto un tratto romantico, affascinante o è un messaggio?

Ecco! il primo messaggio è questo: Dio nasce emarginato: Ecco un primo messaggio; son messaggi difficili perché, appunto, sono scomodi, mentre per lo più il Natale viene inteso come una festa della facile fraternità, dei facili sentimenti, però se si va al di sotto delle abitudini e ci si riferisce alla Parola di Dio si scopre che il messaggio é duro. Dio è entrato tra gli uomini in forma umana per cui ora noi sappiamo che per cercare Dio, basta. guardare in faccia un uomo perché è nell'uomo che Dio vive. Però quest'uomo nella cui faccia risplende il mistero di Dio, non è quello che incontriamo nei luoghi che noi frequentiamo: in una scuola, in una biblioteca, in un convento di lusso come questo; Dio è fuori, è emarginato. La sua presenza, ora e sempre, si realizza là dove Dio è stato scartato, l'uomo è stato scartato perché non c'era posto per lui. Quindi ecco una verità da evitare. Noi non siamo qui soltanto a ricordare il mistero di duemila anni fa, noi siamo qui a cogliere la perennità di quello che avvenne allora, che è sempre valido. Quindi vorrei dirvi, ragazzi, vorrei dire a tutti voi cari amici: dobbiamo vivere con quest'occhio attento a coloro per i quali non c'è posto; a Firenze ce n'è tanti di questi neri che girano. Non c'è posto per loro, non si sa dove metterli, questi nomadi, zingari, non si sa dove confinarli; non c'è posto per loro.

Ricordatevi, Dio è negli uomini per i quali non c'è posto. Prima verità.

La seconda verità è che con il Natale, con questa misteriosa presenza di Dio nella carne umana, ha avuto inizio un regno nuovo che non è mai costruito del tutto ma è sempre da costruire, è un regno di cui è principe Gesù Cristo, Principe della Pace, é il regno della pace e della giustizia perché questo regno Dio lo consolida e lo rafforza con il diritto e la giustizia ora e sempre. Questo è il regno nato, diremo nato visibilmente, quando Maria depose il suo bambino sulla mangiatoia. Quindi fuori degli ambiti del potere nasce un regno nuovo che non si costruisce con la forza, con la coazione, la punizione, ma con l'amore. Voi sapete, anche se siete piccoli, che ci sono rapporti tra di noi in famiglia che non sono rapporti regolati dalla forza, dalla minaccia, dalla paura ma dall'amore. Purtroppo sono esperienze labili, sopraffatte dalle altre esperienze in cui dobbiamo vivere facendoci largo con i gomiti, facendo i furbi con i furbi, i forti con i forti, sennò si è sopraffatti. Questo, purtroppo, anche voi ragazzi l'imparate presto ma in quel modo non si fa il Regno di Dio; si farà una bella Repubblica Italiana, se si farà, ma non il Regno di Dio.

Il Regno di Dio si fa con l'amore e la pace e la nonviolenza. E si deve fare fin d'ora. Quindi l'annuncio del Natale è un annuncio che è possibile ed è doveroso costruire un regno in cui le leggi sono leggi di amore e di pace. E questo dovremmo fare tutti noi, naturalmente, e anche quando ci raccogliamo come questa notte qui per meditare queste cose, noi vorremmo esprimere, almeno per un momento, che è possibile vivere in questa terra non seguendo le leggi della competizione, della sopraffazione, del premio ai forti e del castigo ai deboli, ma invece seguendo la regola dell'amore per i più deboli. Questa é la regola del Regno di Dio e voi, cari ragazzi, crescerete e lo vedrete sempre questo Regno di Dio perché c'é: non è un sogno dell'immaginazione, non é un'illusione ingenua; è reale e io quando ci penso sono sopraffatto dalla memoria, dal ricordo di tante creature che son vissute cosi e vivono così. Questo è il Regno di Dio che si costruisce lungo i secoli e che si manifesterà alla fine dei tempi.

Ecco: il principio di questo Regno, il segno perfetto di questo Regno è Gesù il quale, come sapete, è vissuto poi rifiutando la violenza, ponendo al primo posto gli umili, i poveri, i miti, i perseguitati, cioè quelli per i quali non c'è posto e per i quali non ci fu posto. Nemmeno quando fu ucciso ci fu posto in città perché essendo un delinquente fu ucciso fuori della città.

Quindi questo è il mistero di Gesù; è un mistero che continua e al quale dovete abituarvi. Dobbiamo abituarci, a giudicare i fatti, le vicende della società, oltre che con i giusti criteri economici, politici, che sono sempre importanti, con questo criterio di sapienza che è quello evangelico perché senza questo giudizio, gli altri principi che costruiscono la società, diventano immediatamente violenti, presuntuosi, discriminatori e cosi via.

Questa comprensione del Regno di Dio avviene più facilmente nei semplici e nei poveri. Chi furono i primi ad aver la notizia che era nato il Figlio di Dio, che il bambino promesso, il Messia promesso era arrivato? Furono i pastori; questo é un momento centrale del Vangelo e i pastori non erano quelle creature affascinanti che magari si vedono riprodotte nei presepi, erano veramente gente di malaffare. Messi fuori, abitavano fuori della città; senza arte né parte, per lo pia costituivano il semenzaio della malavita. Questi pastori furono i privilegiati, furono i primi ad essere invitati. Normalmente quando si fa una grande festa si fa l'elenco degli invitati e si comincia dagli importanti; nessuno invita per una cena uno spazzino; sceglie i più importanti. Avere a tavola un ministro sarebbe un onore. Ecco: Dio invita anche qui i rifiutati i quali, per primi, sentono il canto della pace, il grande annuncio del Natale. "Pace in terra agli uomini di buona volontà" e questa é un'altra verità importante: noi dobbiamo custodire, quale sia la nostra vita sociale, il nostro ruolo sociale, un cuore semplice, dobbiamo avere un cuore semplice, un cuore di fanciullo. "Se non rimanete come bambini non entrerete nel Regno dei Cieli" ha detto il Signore, e rimanere come bambini non vuoI dire rimanere senza senno, vuol dire rimanere con un cuore semplice, immediato, spontaneo, puro, disinteressato, gioioso, generoso. Ecco, senza questa condizione i riti del Natale diventano una vuota e alla fine tediosa ripetizione di liturgie senza senso.

E lo scopo poi di questa manifestazione é – mi viene sotto gli occhi la lettera di Paolo a Tito – la creazione di un popolo puro, formato da uomini che hanno rinnegato l'empietà, i desideri mondani, che vivono con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo. Come sono belle queste qualifiche dei cittadini di questo regno; e noi abbiamo il Natale del consumismo, lo sentirete dire da tutte le parti; la radio ci informa, con qualche compiacenza, delle somme spaventose che si spendono in questi giorni di Natale – 20.000 miliardi -, somme incredibili, per celebrare quello che é nato in una mangiatoia. Poi notate le stranezze, vero? Per celebrare uno che non aveva nemmeno la culla in cui essere deposto, in occasione del ricordo della nascita di Gesù, si spendono somme straordinarie che basterebbero a liberare dalla fame milioni di persone. Ecco qui la stoltezza.

Allora noi dobbiamo vivere il Natale con la preoccupazione di assumere come consegna di vita, non lo sperpero, il lusso, la ricerca del prestigio ma la sobrietà, la giustizia e la pietà. La pietà verso i deboli, i sofferenti. Queste sono le qualità che dobbiamo custodire.

Ecco cosi, in maniera un po' semplice e forse non del tutto ordinata, il significato che ha, cari ragazzi, questo annuncio del Natale. E ne abbiamo tutti bisogno ma vorrei dire, più per voi che per noi perché voi – dato che la vita sociale ha generalizzato lo spirito di competizione, la gara, la durezza del cuore, lo sperpero, il lusso – siete più in tentazione di quanto eravamo noi quando eravamo ragazzi. Voi avete bisogno ancora di più che vi si ricordino questi principi e, Dio voglia che non ci limitiamo a ricordarveli ma possiamo anche testimoniarli con la nostra vita, con nostro modo di condurci, di comportarci. Per questo abbiamo tutti bisogno di fare di questo incontro del Natale, oltre che una soddisfazione per i bisogni del cuore, certo (non bisogna essere cosi schifiltosi per le abitudini, gli auguri, queste cose che sono sempre quanto meno una liturgia piacevole, festiva, innocente), ma dobbiamo noi fare di questo incontro del Natale una occasione per ricordarci questo fondamentale messaggio che si fa sempre più indispensabile. Se guardiamo con i nostri occhi il futuro ci accorgiamo che la nostra ferocia, i nostri sperperi, la nostra insipienza sta creando disastri spaventosi e dovremo ritornare, anche per la forza delle cose, a questa luminosa verità natalizia che comporta una pace tra gli uomini e una pace tra l'uomo e la natura, una sobrietà, una conformità ai bisogni più elementari, una misura diversa di felicità che non é quella che ci viene propinata, inculcata dai mezzi di comunicazione che sono strumenti del mercato e non strumenti della saggezza.

Anche per questo é bello ritornare a questo semplice messaggio del Natale, lasciarcene illuminare e proporre insieme di riprendere il nostro cammino con maggiore saggezza, con maggiore conformità alla volontà di Dio, con maggiore capacità di penetrare nella grande gioia che é apparsa sugli uomini il giorno in cui Gesù fu deposto nella mangiatoia.

 

Ernesto Balducci – Notte di Natale 1988

 

   

/ archivio_newsletter